MARIA MOTTA : VITA E POESIA

VAI IN FONDO

Maria Motta donna realizzata e apostola operosa

  HOME

Maria Motta : Poesie

VAI IN FONDO

Maria Motta (Rosario di Santa Fè -Argentina- 14 maggio 1877 / Milano 1950 )

 

INDICE

I. PREMESSA

II. VITA

III. POESIA

III,1.Il Modello o Ispirazione Pascoliana;

III, 2. L'Esperienza della Fede ;

III, 3. La Natura come Ornamento e Ispirazione del discorso poetico;

Note

 

I.PREMESSA

Questo breve commento o indagine, si basa non su tutte le poesie di Maria Motta (che non le possiedo, e non so se sono state edite), ma su 39 poesie scelte che trovo nel seguente testo (Regalo di Luigi Vieri ) : Maria Motta, Luce e Spirito  [Poesie scelte] , Milano, Nuova Brianza, Aprile 1986; pp 1-95 . Mi riservo quindi tutti gli approfondimenti e aggiustamenti, qualora abbia la possibilità di leggere l'opera completa.

 

II.VITA

                Nata a Rosario di Santa Fè [città argentina nella Provincia di Santa Fè, piena di immigrati italiani] il 14 maggio1877, entrò all’età di  8 anni all’Istituto dei ciechi di Milano, dove portò a termine gli studi, iniziando così la sua carriera di insegnante elementare che durò all’incirca 25 anni.

                Nel 1916 quando l’Istituto di Milano aprì una sezione per la rieducazione dei ciechi di guerra, Maria Motta si prestò con animo nobile, all’insegnamento del Braille.

                Contemporaneamente scriveva sui giornali, componeva poesie, trascriveva in Braille i testi salienti di tutto quello che riteneva utile per la crescita spirituale sua e di quanti come lei erano privi della vista.

                Dopo l’insegnamento visse nella famiglia del fratello Alfredo, con la cognata Signora Emma Zoia Motta e i nipoti, dr. Cino e dr. Pino, a Bettola di Monza.

                Aderì con entusiasmo a la Croisade des aveugles fondata dal gesuita padre Ivo mollat a Lione, in Francia.

                Felice di questa esperienza volle portarla in Italia. Tra i primi soci, ricordiamo l’avv. Calabi, il prof. Musella, il prof. Emilio Pettinelli e le signorine Luisa Cassia, Ernestina Colombo e Clelia De Gaudenzi.

                La Crociata apostolica ciechi fu portata avanti come ultimo desiderio espresso dalla Motta, dalla signora Emma che ne fu sostenitrice.

                Dal 1951 in poi questa iniziativa prese piede e si estese in molte Diocesi italiane, e per desiderio di Papa Giovanni XXIII°, prese il nome di Movimento Apostolico Ciechi.

                Fu approvata dalla Santa Sede nel 1960 e riconosciuta nella personalità giuridica dal Capo dello Stato nel 1963.

                Nel 1970 il Movimento apostolico ciechi pubblicò la prima  raccolta di Poesie scelte1).

                [Maria Motta, Morì a Monza nel 1950, all’età notevole di 73 anni ].

 

 

III. POESIA

                La poetica di Maria Motta ha per modello predominante il Pascoli; dimostra di conoscere Ada negri; e ha per fonte ispirativa e lume fondamentale, l’esperienza personale della fede in Dio. Tra questi due estremi, Pascoli e Dio, la Natura è ornamento e occasione preferibilmente estetica, del discorso poetico .

 

1. Il Modello o Ispirazione pascoliana

                Più che la nota poesia del fanciullino, Maria prende dal Pascoli e dal Vangelo, il gusto dei sentimenti quotidiani e familiari, della natura con inflessioni bucoliche.

                E’ la stessa poetessa a dire come ella comprende il grande poeta romagnolo:

 

C’è un grande dolor che non conobbe oblio,

Ne rancor mai conobbe, o generoso

Pascoli né tuoi versi , .. 2) :

                E’ dunque attratta da questi versi singolari, che scopre prodotti dal dolore senza rancore; ella vi legge una analogia col suo caso di nonvedente, non nella accezione del nonvedere ma certo in quella del dover vivere nonostante il dolore, senza astio o disperazione alcuni; perciò confessa così la sua ascendenza interiore verso i versi del gran poeta :

ed il cuor mio

ti rispondea con palpito pietoso 3) .

                Ma va oltre tale confessione; cioè i versi dell’accademico bolognese, interpreta a suo modo, vale a dire con visione eminentemente cristiana , molto più esplicita di quanto cristiana ed esplicita sul piano antropologico-naturale, possa essere la ispirazione fondamentale versificatoria, del Pascoli stesso; si che la Motta giunge infine a ripetersi il comando evangelico medesimo  :

 “ama e sii buona”!

la pace vera nella vita breve

è retaggio di chi soffre e perdona 4).

 

2. L’esperienza della fede

                Dio è il nucleo e l’ispirazione fondamentale di questa poesia. A Gesù Cristo e alle conseguenze della fede in lui Uomo-Dio, vengono riconosciute tutte le conseguenze benefiche, tutti i meriti possibili e benigni .

                Diventa quindi molto interessante gustare gli sforzi riusciti della poetessa che cerca descrivere con la parola l’esistenza del mistero della Grazia in se stessa, nonostante il dolore e le vicende umane talvolta provanti la fede in modo staordinario, come nel caso della cecità e delle ultime due guerre mondiali .

                Ma soffermiamoci su qualche tentativo di descrizione del mistero.

                Il primo esempio ricorrente è quello del poter vedere, tanto che una poesia si intitola Signore fa che io veda; è questo il tema del poter vedere bene e della luce :

Ch’io veda l’ineffabil armonia

Che dall’immenso all’atomo governa

Per te il Creato! La mia luce sia

Nel voler tuo, ch’è sapienza eterna 5).

                Come nonvedente non può tangibilmente vedere l’armonia del micro-macrocosmo; ma la immagina ciononostante; e riconosce che una facoltà superiore al vedere cogli occhi del corpo, è in lei attiva : fare la volontà di Dio : “ La mia luce sia /nel voler tuo ch’è sapienza eterna” .

                Sempre alla tipologia di questo primo esempio o tema del vedere e della luce, appartiene questa localizzazione dell’ etereo lume :

Tutte le create cose

mi sussurrano amor,

però che un mondo

ai sensi inafferrabile ma vero,

ma circonfuso d'un etereo lume,

arcanamente al pensier mio si svela  6).

 

                                                                                        

                Il secondo esempio consiste nel riconoscere che Dio ha affidato a tutte le cose una missione di bene :

Sia pur meschina, effimera,

ogni creata cosa,

tien con la vita un compito

di sapienza ascosa,

una sincera mission di bene

che dal Signor le viene  7) .

 

                Il terzo esempio vede in ogni creatura naturale, una capacità glorificativa dello stesso Creatore :

Nel mio profondo amor per la natura

che dall’immenso all’atomo 

freme di vita e in ogni creatura

il creator glorifica  8).

                  Il quarto esempio, descrive la terra come una zolla dei campi immensi dove l’Eterno sembra cogliere i fiori divini :

La terra 

non è che una minuscola 

zolla dei campi immensi, dei giardini 

                                   dove l’Eterno semina,                                      

coglie e rinnova i fiori suoi eterni divini  9)

                                                     

3. La Natura come ornamento e occasione del discorso poetico.

                L’autrice è detta nel suo villaggio : Usignuola …di canto e d’amor (9bis) . Ma se il nome è preso dall’uccello più cantore di tutta la fauna italica, l’usignolo; l’amore qui è quello fraterno eminentemente cristiano, che spesso si esprime verso i bambini della propria famiglia o della scuola ove Maria insegna.

                L’inizio del verso può dunque essere bucolico come in  Nenia Materna, quando dice : Tutto è pace, sussurra la brezza/ tra i leandri del quieto veron 10). Ma la conclusione del verso medesimo o della strofa, esce spesso dalla descrizione ornamentale e passa ad altro; in tal caso passa a descrivere una abitudine o canzone domestica : Il Bambino con dolce carezza / mi domanda l’usata canzon 11) .

                Questo prendere spunto dalla Natura per passare poi a livelli superiori del reale, non è un accidente isolato, ma è una precisa filosofia metodologica e poetica.

                Un’apice di questa metodologia si trova nel Falciatore :

Nella dolce quiete della limpida

mattina autunnale, aperta al mite

calor del sole…

levarsi ascolto e ricader la rude 

falce sul prato…12)

                Finché il cambio del livello di descrizione, onde si passa dalla natura alla interiorità del falciatore, comincia con la Campana che improvvisamente suona a morto; e finisce con la figura per così dire, ossimorica, tra l’erba che muore ma rinasce ogni aprile; e i familiari del falciatore, che invece una volta morti, non tornano  più :

A un tratto in quella riposante pace,

dalla prossima Chiesa si diffonde

un suono di campana, un triste, lento 

suon d’agonia!...

Oh l’erba, che la sua falce recide,

che il tardo autunno inaridisce, l’erbe

rinascer si vedranno e rifiorire

col nuovo aprile

Ma de’suoi fior, dei tanti che al suo affetto

anzitempo mancarono, dei suoi

poveri morti, amati e ognor rimpianti,

non un rivive!..

E’ questo, dimmi vecchierello,

è questo il pensiero che tutto ora ti prende

e , gravandoti l’anima, il lavor

anche ti aggrava ? …13)

 

                Dentro questo contesto metodologico, che come sopradetto prende spunto dalla natura per passare poi a livelli più profondi del reale, ci sono anche bellissime descrizioni del lavoro. Una di queste la riporto per intero, cioè la poesia intitolata  : La Trebbiatrice , terminante con una invocazione a San Isidoro, protettore dei contadini:

 

Tutto il giorno cantò la trebbiatrice,

sull’aia aprica. Nella luce d’oro

del cielo estivo, l’inno del lavoro

saliva con l’ansar della motrice.

 

Il monotono ritmo una felice

sicurezza spirava, mentre in coro

gli opranti benedivano al tesoro,

che tante ansie e fatiche benedice.

 

Fino a notte cantò sull’aia aprica,

la trebbiatrice. Or si riposa e tace:

ma par che l’aria ancor senta e ridica

 

la sinfonia della feconda pace.

Per la schiusa finestra alla mia stanza

vien del buon grano la vital fragranza.

 

E dall’aia, dal prato, dalle fronde

mi vien l’indefinibile brusio

di mille insetti. Quanto rigoglio

di vita la notturna ombra nasconde!

 

Dei casolari nel silenzio pio

gli agricoltori sognano le bionde

messi e l’assidua trebbiatrice. O Dio,

so che il Tuo cuore al nostro cuor risponde!

 

So che il tuo sudore delle umane fronti,

come le stille dellumano pianto,

nella clemenza Tua vigili e conti!

 

Io Ti chiedo la voce del Tuo santo

Isidoro, per rendere il tributo

di laude eterna al Nome Tuo dovuto 14) .

 

(S. Isidoro, protettore dei contadini

Luglio  1909)

 

 

NOTE

 

1 :  Maria Motta, Luce e Spirito  [Poesie scelte] , Milano, Nuova Brianza, Aprile 1986; pp 1-95 ; Presentazione  di copertina .

2 : Idem pag 29 : Pagina Lieta .

3 : Idem .

4 : Idem .

5: Idem, Signore fa che io veda , quartina terz’ultima, pag 87 .

6 : Idem, Sprazzi di luce , pag 51 .

7 : Idem, La Neve , p. 36 .

8 : Idem, Una Sera in Montagna , pag 40 .

9 : Idem, pag 43 .

9 bis : Idem pag 76 .

10 : Idem pag 76, Nenia Materna .

11: Idem .

12 : Idem pag 82 ,  Il Falciatore .

13 : Idem pagg. 83-84 .

14 : Idem pag 86 : La trebbiatrice .

 

 

FINE

 

 

TORNA SU

Maria Motta donna realizzata e apostola operosa

HOME

Maria Motta : Poesie

TORNA SU