IL CASTELLO DI DORNA

( Da : Soderi Pier,   Il Castello di Dorna, Bolletino di Informazione della Brigata Aretina Amici dei Monumenti, primo semestre1989, n. 48, pp 35-37. )

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Il Castello di Dorna (Meacci Nicola)

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1. La Casa colonica degli Orti e la Casa Fattoria del Podere di Dorna sullo sfondo (vista da Sud Ovest), al tramonto del sole e durante la potatura invernale dei vigneti  (19-2-03) .

2. Casa Fattoria di Dorna : Il cortile centrale, con la facciata. Una Torre di Guardia dell'Antico Castello (Ma il castello aveva più di una Torre, sebbene oggi ne resta visibile solo una), è stata abbassata e coperta con tegole. (Foto 2-12-02).

3. Sala adiacente la Torre, al primo piano, a destra entrando : La lapide che ricorda la visita del Granduca Ferdinando III , nel 1824

4. Un leprotto trovato acquattato sotto un filare di viti (Foto 14-5-03) .

5. Villa Fattoria di Dorna: parte posteriore o vista da Nord Ovest . Solo dopo la vendita della proprietà di Dorna nel 2008 a un imprenditore calabrese da parte della Università fiorentina (che acquistò attorno al 1990) , si è cominciato a restaurare gli edifici, rimasti incustoditi da circa 30 anni e disabitati dal 2000 -?-, quando il Fattore Mario Bisconti si trasferì ad Arezzo con la famiglia. Ma da lungo tempo non abitava più nessun contadino nelle Case coloniche circostanti, poderi della Fattoria.

6. Vigneti e oliveti, sono talvolta attraversati da Cavalieri turisti, provenienti dai maneggi circostanti. (Foto 28-1-03)

 

                Percorrendo la strada che da Badia al Pino conduce a Civitella, oltrepassato il cavalcavia dell'autosole, s'incontra sulla destra la Villa Fattoria di Dorna, adagiata sopra un piccolo colle. La torre che emerge dalle costruzioni, conferisce una nota di austerità al paesaggio circostante, costellato di olivi e vigneti. Essa rappresenta la struttura superstite di un più vasto complesso, di matrice medievale, concepito non come organismo di guerra, ma con finalità residenziale; il castello infatti servì da dimora fortificata ad una potente consorteria che i documenti indicano come i Longobardi di Dorna.

                La villa di Dorna con quelle di Speia e Plica, oggi di difficile identificazione, in epoca carolingia appartenne ad Elbungo e a Burgundia che ne fecero donazione al vescovo Pietro. Questi la cedé poi ai canonici di Pionta [cioè del vecchio Duomo aretino] ai quali venne confermata da Lotario I° col Diploma dell'agosto 843 emesso da Remiremont, l'attuale cittadina dell'Alsazia. Anche re Adalberto nel 961, Ottone I° nel 963 e Arrigo II° nel 1020 confermarono Dorna ai canonici; si trattava di un grosso centro agricolo facente capo a un vicus. Ma procedendo a ritroso nel tempo, si può giungere ad un insediamento pre-romano, poiché Durna è nome di persona etrusca. In seguito all'invasione longobarda, Dorna divenne una curtis e nel corso del secolo X° il colle fu fortificato.

                Il progressivo espandersi della feudalità ecclesiastica, rappresentata dalla Canonica e dall'Abbazia di Santa Fiora, minacciava l'egemonia dei nuclei longobardi sparsi nel contado aretino che, come quello di Dorna, sopravvivevano nel secolo XI° e legavano i loro nomi ad estesi territori rurali. Essi cercavano nell'ambito del loro gruppo, di conservare oltre le proprietà anche le tradizioni del diritto germanico in opposizione al costume locale. I documenti parlano spesso di invasioni, usurpazioni e distruzioni ma anche di donazioni e rinuce a favore dei due enti ecclesiastici.

                Quarant'anni dopo il Diploma di Arrigo II° Dorna era già in possesso del nostro gruppo plurifamiliare. In un atto del 1065 infatti si leggono una parte dei suoi componenti: Guinildo, Uberto, Pagano, Teuzzo e Ugo figli del fu Guinildo. Essi promettono all'abate Guido di non recare danno ai monasteri di santa Flora e di san Martino al Pino, né occupare il Castello di Mugliano, confermato ai monaci da Ottone III° nel 996 . I medesimi nel novembre 1070 donano all'Abbazia diverse terre poste nel Pleberio di san Pietro di Gello con l'impegno da parte dell'Abate, di difendere il castello e la Corte di Cerritolo in Valtiberina. E ancora dieci anni più tardi (Marzo 1080) da Guinildo viene donato al Monastero pro remedio animae un vasto patrimonio posto in tota marcha Tuscie , comprendente castelli, corti, chiese, selve e acque.

                Ma se alcuni membri della casata furono generosi verso l'Abbazia altri invece tentarono di impadronirsi con la forza delle loro proprietà. Spesso agli eredi dei benefattori dell'Abbazia o della Canonica dispiacque la buona fede dei loro avi che avevano donato i beni della propria casata. Le eccessive donazioni o l'indeterminatezza di alcune indicazioni negli stessi contratti potevano offrire buoni pretesti alla violenza di queste famiglie di tradizioni militari. Da una conferma di privilegi imperiali  a favore dei canonici, da parte di Arrigo IV nel Luglio 1081, si può sapere che Teuzzo di Guinildo si era impossessato violenter ac sine aliquo iure della Selva di Castagnolo in Valdichiana, concessa al vescovo da Ugo e Lotario. Successivamente tra il 1106 e il 1115, al tempo dell'Abate Teodaldo,  Teuzzo con i figli e i fratelli Bernardino e Ugolino, occuparono il Castello di  Mugliano incendiando tutte le case che si trovavano all'interno. Ma la pace tra le perti non tardò e il gruppo dei personaggi, compreso due donne della casata Mabilia e Aldiarda, fecero atto di fedeltà al Monastero, promettendo anche di far le loro sepolture nella Chiesa della stessa Abbazzia.

                Un'altra importante donazione si ebbe cento anni più tardi da un discendente della casata. Nel Febbraio 1182 Rolandino di Mambilia donò alla Canonica aretina e all'Abbazia di Agnano tutto quello che possedeva nei Castelli e Corti di Dorna, Pigli, Civitella, Toppo, Marciano, Cesa e in altri luoghi. E a pochi anni di distanza (Gennaio 1198) seguì la Refutatio da parte di Frangelasta, Griffolino e Teuzzo, figli di Ranuccio e da Rolandino di Vincinemici dei beni situati in Dorna, Vacchereccia, Padule e Marciano, oltre il giuspatronato delle chiese di Dorna, Malfiano, Campiliano e della Pieve del Toppo. Inoltre tra il Proposto dei Canonici e i donatori si convenne quod custodia turris Durne facerent communiter et facerent custodire secundum portionem contingentem unicuique eorum. E' abbastanza evidente che il Castello era diviso in diverse quote tra i membri della casata e la Canonica di Pionta.

                Ma le donazioni di questi signori furono veramente reali o si sarà trattato di atti simulati per sottrarsi all'insidia di altri feudatari più potenti  o al pagamento del fisco ? Era consuetudine nel medioevo far donazioni al clero per il perdono delle proprie colpe ma anche perché esso era esente da certi dazi e tasse; i beni donati venivano poi restituiti. Spesso però venivano abusivamente trattenuti, per cui sorgevano tra le parti liti e contestazioni che duravano anni.

                Dall'esame dei documenti si può rilevare che questi domini castrorum ebbero vaste proprietà fondiarie; alcuni di loro osarono sfidare l'autorità vescovile altri invece furono vassalli della Chiesa. Erano detentori di poteri pubblici sui loro Castelli e Corti e i secoli XI e XII furono il periodo della loro massima potenza. Dividendosi poi in più rami, frazionarono anche i patrimoni e di conseguenza decadde la loro egemonia.

                Durante le lotte tra le fazioni guelfe e ghibelline i signori di Dorna si schierarono dalla parte guelfa e furono alleati dei Bostoli. Quando questi nel 1348 vennero condannati e cacciati dalla città, Dorna si trovava in possesso di Ser Niccolò, non meglio identificato, ma con molta probabilità appartenente alla Famiglia Viviani.

                Nel secolo XV° i Castelli medievali ancora in piedi, cambiarono di caratterisitca e di funzione, divenendo eleganti dimore destinati ai riposi campagnoli della nuova aristocrazia, che doveva la sua potenza non più alle armi, bensì al maneggio del denaro. Infatti le Abitazioni dei nobili, dei banchieri e dei ricchi mercanti furono la caratteristica del 1400, come lo era stata la Pieve nel periodo romanico e il Palazzo pubblico in quello gotico. Dorna passerà verso la metà del 1500 ai Calderini nobili fiorentini, imparentati con i Bardi e i Salviati; i loro stemmi figurano negli architravi di alcune porte.

                Nel secolo XVIII° il Castello con la proprietà circostante andò ai marchesi Riccardi e nei primi del secolo scorso [cioè nel XIX° secolo] alle suore Montalve di Firenze, tutt'ora proprietarie. Una scritta nella parete della Sala adiacente la Torre, ricorda che il Granduca Ferdinando III°  l'11 Giugno 1824, fu ospite di Dorna (Foto 3).

                Dell'antico complesso rimangono tre corpi di fabbrica di ampia volumetria; da quello di sud est emerge la Torre Scapezzata che alla base contiene una porta con bellissimi stipiti in pietra concia. L'attuale sistemazione è riferibile ai secoli XVII-XVIII (con qualche rimaneggiamento successivo). Il vicino edificio colonico incorpora una Torre di Ronda della cerchia murata, costituita da bozzette di pietra scalpellata; perciò è possibile ritenere che lo sviluppo della cerchia si aggirasse intorno a quattrocento metri.

 

Villa Fattoria di Dorna: Portale in Pietra ( crf. sopra Foto 2 . Foto del  30-11-02) :

alla sommità è visibile lo stemma dei nobili proprietari del periodo. L'usura  non permette il riconoscimento;

ma probabilmente si tratta dei Riccardi fiorentini, proprietari prima delle suore Montalve fiorentine, cioè fino al 1814.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Jean Pierre Delumeau, Equilibri di potere ad Arezzo dal periodo tardo carolingio al primo periodo comunale (Atti del Convegno su : Arezzo e il suo territorio nell'Alto Medioevo, Arezzo, Accademia Petrarca, Ottobre 1983) .

Ubaldo Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel medioevo, 4 voll. , Arezzo1899-1904 ;

Giovanni Tabacco, Espansione monastica ed egemonia vescovile nel territorio aretino fra X e XI secolo, Miscellanea G.G. Meersseman, Italia Sacra 15-16, Padova 1970 .

 

 

 

FINE

 

 

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