PIER GIORGIO PEROTTO, L'OLIVETTI E LA NASCITA DEL PRIMO PERSONAL COMPUTER

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,La Programma 101 o Perottina ,Olivetti, 1964-65, pesa 30 kg, costa 2 milioni di lire . La P 101 in mostra al Museo Nazionale dell'Elaborazione a Bletchley  Park  (Londra)

La Perottina descritta in Wikipedia .

 

L'ing. Pier Giorgio Perotto  (1930-2002) ingegnere, progettista, docente, manager. Nel 1957 viene assunto in Olivetti, nel Laboratorio di ricerca per i Calcolatori Eletttronici, istituito nel 1955; in questa sede, progetta ed esegue la Perottina o Programma 101 (crf Foto a sinistra), o primo Personal Computer.

 

Minicalcolatore DEC , PDP 8, 1965, costò 25 000 dollari, ha le dimensioni di un frigorifero, è esposto oggi al  National Museum of America History a Whashington, D.C.

 

Mainframe moderno  IBM Z 10 , installato presso il CED di una Banca nell'Italia Settentrionale. La sicurezza, la resistenza, la continuità (probabilmente può essere riparato anche senza essere disattivato, come avviene spesso in questo tipo di macchine) lo rendono competitivo coi Server moderni...

 

Introduzione

Una mattina assolata e di giugno, la mia fiat 16 con a bordo due amici, andava nel Casentino oltre Bibbiena, per conferire col Provider Aruba e invitarlo a correggere la disfunzione che impediva a nostro dire, l'ingresso dei dati nel sitoweb aziendale.

Si parlava dunque di questo impedimento, ma a tratti anche del più e del meno, a seconda della bisogna. Finché mi sono sorpreso a fare la seguente affermazione: Ma voi lo sapete che il PC (Personal Cmputer) è una invenzione italiana ?

Lo dico perché in un contesto dove molto è americano e globale, e voi stessi vi lamentate frequente, delle disfunzioni burocratiche o peculiari dell'Italia, bisogna avere le idee chiare di come stanno le cose; e ogni tanto ripigliare la via e la misura giusta; bisogna che ciascuno s'ascriva i meriti e i difetti che ha, e tutti insieme si proceda cavalcando verso il progresso, a partire dalla realtà e situazione migliore o peggiore, vantaggiosa o svantaggiata a seconda dei casi, individuo o nazione che sia.

Voglio dire insomma, che ogni tanto è necessario fare la memoria di ciò che noi Italiani siamo, come popolo e come singoli, perché talvolta l'ignoranza e il disfattismo culturale ma anche la costatazione quotidiana di difetti reali tipici di noi e dei nostri capi, rischiano invero di seppellire le radici della nostra identità nazionale; rischio che in altre parole vorrebbe dire, che tali disfattismi o malevolenze gratuite verso se stessi, rischiano di falsificare i contributi che la nazione italiana ha dato effettivamente al progresso del mondo intero. Ora se questa operazione falsificatoria riuscisse, non sarebbe solo un male per gli Italiani (fatto grave), ma lo sarebbe anche per il mondo intero (fatto gravissimo), non solo per ciò che rappresenta oggi l'Italia, ma ancor più per quello che ha rappresentato nel passato vicino e lontano e per quello che può (deve : è suo dovere che debba), rappresentare nel futuro.

Non parlo pertanto, per fare del nazionalismo gratuito, ma dopo le esagerazioni nazionaliste fasciste e interessate alla conquista del mondo, dopo il ritorno democratico che ultimamente abbandona il popolo nel disfattismo culturale anziché educarlo premurosamente alla giusta consapevolezza della Nazione e dell'Europa, ecco che è nato un nuovo rischio da cui guardarsi :

il popolo non ama più abbastanza se stesso; tende a percepire i capi come nemici e come ladri; i cattivi esempi di condotta di alcuni parlamentari e notabili vari,  diventano conferme emblematiche (archetipiche) dei sospetti e delle recriminazioni sociali; e il male di coloro che danno cattivo esempio al popolo, si moltiplica per mille con l'aiuto della stampa e dei mass-media. Alla fine c'è il rischio in questa confusione di auto-svalutazione nazionale collettiva, che prendano il sopravvento le idee false e non vere.

Ebbene una di queste idee fasulle, è la seguente: che l'Italia non c'entra niente o non c'entra abbastanza col progresso tecnologico, specie con quello del XX° secolo, specie con quello dei computer.

Al che l'amico ha risposto: Si ho sentito che gl'Italiani rivendicano il primo Personal Computer della storia. Ma probabilmente non è vero. Le cose stanno diversamente. Non lo escludo, ma sono scettico.

Vediamo dunque d'esser più precisi e esaurienti.

 

Testo

                Anzitutto cosa intendiamo per Personal Computer o PC : intendiamo un Calcolatore Personale, e non più per soli usi collettivi, come fu e è il Mainframe (Sistema Centrale), cioè grande calcolatore capace di memorizzare programmi in forma numerica, occupanti anche più di una stanza (il primo della serie, cioè l'Eniac, nato negli USA per i calcoli balistici nell'ultima guerra, ancora nel 1946 quando fu reso noto, rimaneva lungo 30 metri, alto 2 e largo 1 metro); i mainframe del dopoguerra e prima del personal Computer, non sono dunque solo macchine per il calcolo, ma hanno anche la memoria, e possono memorizzare un programma per conseguire un dato scopo; essi sono pertanto i primi Calcolatori moderni, posto che i più antichi eseguono calcoli, ma non han memoria; gli stessi mainframe però, per quanto segnano un progresso importante nella storia del Calcolatore Elettronico o Computer, non rispondono ai bisogni personali, quanto a quelli collettivi di una unità produttiva o associazione o organizzazione; infatti, la loro mole, gli alti costi d'acquisto, mantenimento, gestione, implicano un uso collettivo; non sono dunque accessibili al singolo. Al contrario il Personal Computer (che appunto significa Calcolatore Personale), rappresenta un progresso importante rispetto ai Mainframe e ai minicalcolatori dell'epoca, perché è in grado di eseguire e memorizzare calcoli e operazioni soddisfacenti bisogni di un solo individuo, come per esempio, calcolare, scrivere, leggere...e in seguito all'avvento di Internet e delle Reti, guardare  e modificare le immagini, ascoltare la musica, navigare sulle reti stesse..ecc ; e ciò contemporaneamente al fatto che le dimensioni diminuiscono enormemente, diventano da macchina portatile da ufficio (la P 101 in argomento per esempio, diventa quasi come una macchina da scrivere,  pesa 30 kg), la potenza già sufficiente aumenta a vista d'occhio, e il costo diventa accessibile anche a una sola persona (la P 101 infatti, costò 3000-3500 dollari negli USA, 2 milioni di lire in Italia).

                Bisogna ora premettere, che oltre alle Fonti tradizionali, la vicenda di come si arriva al primo Personal Computer, ha una monografia principe, dello stesso Pier Giorgio Perotto, dal titolo:  La Programma 101 (L'invenzione del Personal Computer, una storia appassionante mai raccontata) Ed. Sperling & Kupfer, 1995, pp 1-60 . Questa monografia è consultabile e scaricabile in formato Pdf anche qui , oppure è consultabile in caratteri piccoli, direttamente dal sito piergiorgioperotto.it. A questo testo farò riferimento sottostante, rinviando pure alle sue pagine.

                E' dunque un dato storico che il primo Personal Computer è nato in Italia nell'anni tra il 1962-64, per opera dell'ingegner Pier Giorgio Perotto (1930-2002), dipendente Olivetti dal 1957; Pier Giorgio alla Olivetti, dopo avere realizzato l'Elea 9003 (Computer mainframe) e la Mercator 5000 (Calcolatrice), lavora alla nuova macchina che chiamerà La Programma 101 -P 101 o Perottina-, dal 1962 al 1964 come sopradetto; ma non si tratta solo di progettarla, bensì pure di produrla e farla funzionare; il lavoro è perciò enorme e super-ambizioso; ciononostante può presentare la novità alla Bema Show, cioè la fiera per macchine d'ufficio a New-York nell'ottobre 1965, dove il pubblico e la stampa capiscono quello che i dirigenti Olivetti inizialmente non capivano, cioè comprendono l'importanza della novità, e intraprendono numerosissime visite e commenti all'esposizione, nonché scrivono nei giornali che era nato Il primo Computer da tavolo del mondo. Il Perotto dal canto suo, descrive così, cioè in modo semplice e lucido, la macchina che ancora intendeva costruire:

                Tra la fine del 62 e gli inizi del 64 venne a prendere forma nella mia mente non tanto una soluzione, quanto un sogno; il sogno di una macchina nella quale non venisse privilegiata solo la velocità o la potenza, ma piuttosto l'autonomia funzionale, che fosse in grado non solo di compiere calcoli complessi, quanto di gestire in modo automatico l'intero procedimento di elaborazione, però sotto il controllo diretto dell'uomo. Ma l'idea non era tanto di immaginare un' automatismo totale, quanto una macchina amichevole alla quale delegare quelle operazioni che l'uomo fa male e che sono fonte di fatica mentale e di errori, come l'introduzione e l'estrazione di dati e la ripetizione di procedure di calcolo. Sognavo una macchina che sapesse imparare e poi eseguire docilmente, che consentisse di immagazzinare istruzioni e dati, ma nella quale le istruzioni fossero semplici e intuitive, il cui uso fosse alla portata di tutti e non solo di pochi specialisti. Perché questo fosse realizzabile essa doveva sopratutto costare poco e non essere di dimensioni diverse dagli altri prodotti dell'ufficio, ai quali la gente si era da tempo abituata ( Perotto, cit. sopra, pag 22).

                Ma tra gli altri problemi e difficoltà, c'è il grande problema del linguaggio adeguato, che verrà risolto comunque:

                Ma la componente più affascinante del mio lavoro fu il delinearsi dell'idea di una macchina che non esisteva e che doveva essere completamente modellata, nelle sue prestazioni, nella sua ergonomia, nel suo linguaggio. Nel progettare questi aspetti, memore del mio frustrante lavoro di alcuni anni prima (presso il politecnico di Torino, calcoli di ricerca) e di quello di tanti ricercatori impegnati a fare calcoli, avevo l'impressione che mi fosse riservata la opportunità di far finalmente crollare barriere secolari, di spezzare antiche catene che rendevano l'uomo schiavo:

                La creazione del linguaggio ossia del sistema di programmazione, fu la parte più delicata. Non era certo possibile prendere a modello i linguaggi macchina dei calcolatori esistenti che non potevano essere usati dagli utenti non specialisti ai quali pensavamo di indirizzare il prodotto. Dovevamo inventarne uno nuovo. Provando e riprovando venne fuori un semplicissimo sistema di sole sedici istruzioni, estremamente intuitive, con le quali compilare un programma equivaleva all'incirca a scrivere la formula matematica delle operazioni da seguire. Una specie di Basic (linguaggio dei PC) ante litteram (Idem pag 23)

                Dal testo del Perotto sopracitato, emerge come l'idea parta dalla intuizione e dalla abilità tecnica del medesimo; ma emerge anche come un numero notevole di tecnici e personale, sotto l'appoggio illuminato di Roberto Olivetti (pag 7) purtroppo mancato prematuramente, contribuì alla riuscita dell'opera :

                basta fare i nomi di Natale Capellaro l'operaio divenuto direttore generale e ingegnere honoris causa (pag 9; 17; 23; 25), il progettista Franco Bretti (pag 23), l'ing. Giovanni De Sandre, il perito Gastone Garziera (pag 22), l'ing. Eduardo Ecclesia (pag 23), l'architetto Mario Bellini (pag 25), lo stabilimento Olivetti di San Lorenzo a Ivrea (pag 24)...; insomma questa collaborazione fu un fatto così importante, che lo stesso Perotto scrive: Io ero profondamente contento che la stessa macchina fosse il frutto del lavoro cooperativo di tanti tecnici con competenze diversificate che avevano accettato di fornire il loro contributo in un clima di assoluto volontarismo e di assoluta libertà, attratti soltanto dal fascino di un'idea (pag. 26) .

                C'è poi una considerazione importante e dovuta: il Perotto non dimostrò solo una capacità tecnica in tutte le operazioni all'Olivetti, ma specialmente nella vicenda della P 101, mostra d'essere un lucido osservatore delle politiche aziendali; capisce quindi che è un errore aver ceduto agli americani della General Electric il settore elettronico Olivetti, e anziché alle dipendenze nuove d'oltreoceano, rimane in casa Olivetti trovando il modo di continuare il suo progetto: riesce nell'intento, grazie anche alla libertà che tradizionalmente la stessa Olivetti accorda al suo personale, nonché grazie alla antipatia degli americani verso di lui, che lo consideravano oppositore della loro politica aziendale. Infatti se egli fosse passato alla General Electric, mai avrebbe potuto arrivare alla P 101, poiché la politica e gli obbiettivi e le simpatie di questa azienda, tra il 1964 e il 1968, erano radicalmente diversi da un obbiettivo come la 101, e fino al 1968, tali obbierttivi, erano ampiamente condivisi dalla alleanza Olivetti del momento, la quale aveva ceduto agli americani il 75 % delle azioni; quindi il comando maggioritario e il futuro produttivo. Un motivo ulteriore di cruccio per il Perotto e i suoi amici in Olivetti .

                Infine alla voce Personal Computer di Wikibook, è scritto che nel 1965, la DEC introdusse il primo minicalcolatore PDP 8. Si potrebbe pensare quindi, che questa macchina, sia qualcosa di analogo o uguale alla Programma P 101 Olivetti. Dunque la DEC arrivò prima della Olivetti al PC ? Ma in realtà il PDP 8, è un Minicalcolatore rispetto ai mainframe, perché costa solo 25 000 dollari e ha le dimensioni di un frigorifero; ciononostante, soltanto con la Olivetti Programma 101 o Perottina, il Minicomputer diventa Personal Computer, poiché il costo scende a 3000-3500 dollari e le dimensioni diventano analoghe a quelle di una macchina da scrivere; inoltre sono una novità la velocità superiore agli standard dell'epoca e la capacità di apprendimento, nonché l'uso della scheda mediante la quale si potevano immettere e elaborare un quantità indefinita di dati, bastando usare un numero superiore di schede, a seconda della bisogna. Comunque tutte queste osservazioni necessarie alla giusta comprensione dei fatti, vengono precisate a sufficienza alla voce Storia del Computer in Wikipedia , quando si dice:

                Già nel 1964 per altro la Olivetti aveva concluso un progetto ancora più rivoluzionario: un computer dalle dimensioni simili a quelle attuali (dim: 48x61x19 cm): La Programma 101 . Presentata alla     fiera di New York del 1965, riscosse un notevole interesse ed ebbe un buon successo di vendita grazie anche al suo costo relativamente limitato (3.200 dollari, contro i 25.000 di un PDP-8) e alla sua programmabilità senza l'intervento dei tecnici: in pochi anni ne furono venduti 44.000 esemplari in tutto il mondo, il 90% dei quali negli Stati Uniti. Le caratteristiche della macchina, potenzialmente rivoluzionarie, non vennero però percepite dai vertici aziendali Olivetti, orientati ancora alla promozione della propria tecnologia meccanica. Il brevetto su soluzioni tecniche adottate dal P101 fu violato dalla società statunitense Hewlett Packard con la sua HP9100; ammettendo il fatto, l'HP accettò nel 1967 di versare 900.000 dollari di royalties alla Olivetti. Dei circa 44.000 modelli venduti ne esistono soltanto 8 ancora funzionanti. Si trattò di fatto del primo vero e proprio personal computer.

                Ormai la vicenda della Olivetti Programma 101 quale primo Personal Computer senza monitor, è sempre meglio spiegata e inquadrata storicamente. Una di queste tappe annovera perfino una premiazione ufficiale nel 1991, quando venne assegnato al Perotto per la sua invenzione, il Premio Leonardo da Vinci da parte della Associazione Italiana Progettisti Industriali .

 

FINE

 

 

 

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