AUTO ITALIANA O AUTO STRANIERA?

(Necessità di educare i consumatori italiani, al Mercato)

 

29-5-07

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                Un'occhiata alle strade, alle piazze, nei parcheggi...e subito le automobili di fabbricazione straniera, sembrano ormai più numerose per  la metà e oltre, quelle di fabbricazione italiana.

                Questa invasione, chiediamoci, è un fatto positivo o negativo?

                Siamo nel contesto della globalizzazione 1), e a costituire il mercato in settori sempre più ampi, son più le multinazionali che le nazioni. 

                Tuttavia questa fiducia sbrigliata verso lo straniero a scapito delle cose fatte in casa propria, ha qualcosa di eccessivo e patologico. 

                E ciò può dirsi per il seguente motivo: non si tratta di una scelta del prodotto migliore in regime di libera concorrenza, come si vorrebbe far credere; quanto di una fiducia aprioristica (e pertanto irrazionale, il più delle volte), di un gusto sadico del nuovo e del ricercato a scapito del nostrano e del migliore. Infatti, basta guardare le scelte più frequenti, e spesso devesi annotare che il prodotto italiano, pur di qualità superiore, viene ciononostante accantonato a favore dello straniero. E i motivi,  tanto del momento quanto del futuro, possono essere disparati quanto futili. 

                Orbene, la globalizzazione, sembra in tal caso interessata a crearsi sempre più, un nuovo tipo di consumatore di comodo: uno che guarda più l'apparenza che la sostanza (per es. più l'imponenza del fuoristrada che la misura funzionale dell'auto), più la novità che la funzionalità, più la novità che l'armonia tra funzione e forma (per es. certe auto sono sul piano stilistico decisamente brutte e sconvenienti, specie rispetto alle italiane; eppure c'è chi le acquista, preferendole alle italiane stesse, mille volte più belle e funzionali...) ...  .

                In conclusione, preferire la produzione straniera ritenendola più conveniente quando non lo è, è persino una violazione del gioco tra domanda e offerta; e pertanto, in definitiva, non c'è neppure la tanto sbandierata scusa della convenienza economica, che porterebbe a preferire lecitamente le auto straniere alle italiane. 

                Il consumatore italiano ha in realtà, molto bisogno di essere educato al mercato, e al mercato della globalizzazione. Partecipare agli acquisti, sentirsi protagonista delle proprie scelte, è giusta aspirazione, e guai se non ci fosse. Ma è il colmo, pensare di scegliere bene, quando in realtà si sceglie male, cioè contro il giusto riconoscimento delle cose migliori della produzione nazionale. Lo straniero non può prendere la scusa della legale competizione, facendo passare per migliore, quello che in realtà è soltanto peggiore; così facendo egli non compete secondo le regole, ma inganna mancando alle regole stesse. 

                In questo contesto, lo Stato  deve starsene neutrale, a guardare? No! Dovrebbe intervenire, studiando i modi migliori : 

                uno di questi potrebbe essere una costante comparazione tecnica tra i prodotti italiani e quelli stranieri, ove risultasse più chiaro le differenze e i meriti, delucidando i consumatori. 

                Se poi un prodotto estero risulta troppo inferiore ai nostri livelli, a che serve permetterne l'ingresso sul mercato nazionale? Una tale tolleranza, altro non è che una licenza data, onde i meno avveduti e i più semplici, siano ingannati: costoro si accontentano di una carretta disaffezionandosi alla produzione nazionale, e finiscono poi per ritenere che la stessa carretta è migliore di qualsiasi Fiat, o Alfa o Lancia... che sia . Da cittadini sprovveduti, si trasformano in breve, in pubblicisti delle carrette. 

                E tutto questo malinteso, è vero mercato e vero mercato globale? Aprire il mercato, non significa misconoscere i meriti della produzione nazionale, come da tempo si sta facendo.

 

1: Globalizzazione: termine di origine anglosassone (global, sta per mondiale; inglese: globalization) "con cui si esprime la tendenza delle imprese a sviluppare congiuntamente processi di internazionalizzazione e di informatizzazione. In effetti l'aumento della complessità delle organizzazioni multinazionali che operano in paesi diversi e che adottano ormai metodi operativi  flessibili, non più standardizzabili secondo un modello unico, diventano gestibili solo se corrispondentemente aumenta la potenza e la centralizzazione del sistema operativo".

Questo processo, le cui origini sono antiche e possono leggersi persino nell'impero romano, non è privo di allarmanti contraddizioni: lo sfruttamento tradizionale di operai si estende alle piccole imprese che dipendono in toto dalle multinazionali; cessa la disponibilità del lavoro come posto sicuro, e tutto si riduce all'effimero che vien chiamato dagli esperti maggiore necessità di mobilità; a queste multinazionali interessa esclusivamente il profitto, e se ne fregano dei diritti del lavoro e umani, e della promozione delle risore locali, onde investire sul futuro; anzi, la centralizzata multinazionalità, la mondializzazione, scavalcando gli Stati nazionali, attacca anche i diritti acquisiti dai lavoratori, con dura lotta ... .

Il pericolo fondamentale della G. è in definitiva, che si riveli un metodo formidabile per aumentare lo sfruttamento degli individui e dei gruppi e delle nazioni e delle regioni più poveri del mondo.

 

FINE

 

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