PRIMO MAGGIO: SAN GIUSEPPE LAVORATORE E PATRONO DEI LAVORATORI

1-5-06

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                               Pio XII° istituì nel 1955 la festa di San Giuseppe Artigiano, per offrire un modello e un protettore ad ogni lavoratore .

                Infatti, già col radiomessaggio del 1942, egli sente l'esigenza di mettere in adeguato rilievo che il lavoro è ben altro che solo fatica e sopportazione delle conseguenze del Peccato d'Origine; esso infatti è anche mezzo di perfezionamento della persona :

                Ogni lavoro possiede una dignità inalienabile, e in pari tempo un intimo legame col perfezionamento della persona: nobile qualità e prerogativa che in verun modo non avviliscono la fatica e il peso, che sono da sopportarsi come effetto del peccato originale in obbedienza e sommissione alla volontà di Dio .

                Questo concetto del lavoro come perfezionamento della persona, implicito nell'esempio stesso del Cristo lavoratore , e come tale , sempre esistito nel cristianesimo, è invero nella suddetta frase di Pio XII°, già un anticipare il Concilio Vaticano II° (es. Gaudium et spes 35) , dove il lavoro è con ancora maggior chiarezza e articolazione, descritto come un mezzo di perfezione, promozione e crescita umana .

                Ma tornando alla istituzione della festa di San Giuseppe Lavoratore nel 1955, devesi dire che ancora una volta la Chiesa ha fatto centro; cioè ha avuto la utile quanto doverosa idea di  cristianizzare il 1° maggio, altrimenti soltanto festa dell' uomo dimentico di Dio, soltanto parcheggio delle masse lavoratrici sì, ma anche tanto sole, sia perché in molti casi si pretende di festeggiare senza riferimento alcuno al sacro, sia perché si pretende di festeggiare al meglio, senza il resto della società che lavoratrice manuale o di sinistra, non è; mentre prendendo Giuseppe a modello, la festa diventa più facilmente e con minore ambiguità, di tutti, cioè sia di destra che di sinistra, sia di chi lavora che di chi produce e di chi malato o bambino o vecchio che sia, magari deve vivere mantenuto o di pensione, e non potendo ancora lavorare o non più lavorando , ma soltanto facendo quotidianamente la fatica di vivere, potrebbe sentirsi parzialmente o totalmente escluso dalla festa, visto che altrimenti fuori dalla Chiesa, questa medesima festa, viene presentata come un monopolio assoluto dei lavoratori o di una parte politica o sociale.

                Ma tale pericolo sfuma del tutto , se si considera che la festa in onore di San Giuseppe lavoratore, è anche festa di un padre di famiglia, anzi, è in parte pure la festa della stessa famiglia, essendo Giuseppe , sia padre che conduttore della famiglia più eccellente che mai sia vissuta sulla faccia della terra, cioè la Sacra famiglia . Ora è evidente che in famiglia, se festeggia o si festeggia uno dei membri, anche gli altri partecipano volentieri e non si dimentica nessuno, né l'individuo simile, né l'individuo di classe o partito diverso, tantomeno il povero e il  malato .

                In conclusione, la festa di San Giuseppe lavoratore, riguarda l'esercizio del lavoro, a cominciare dal lavoro più scansato (cioè quello manuale); ma non ignora la contemporanea presenza d'altri elementi strettamente incarnati da San Giuseppe , cioè come ordetto, la sua paternità e la sua famiglia , prima ancora della stessa società in cui visse .

                Ma ripeto in parte, che celebrare l'esercizio del lavoro di un padre di famiglia, è ben diverso dal celebrare il lavoro di una sola classe o parte sociale (un tempo quella dei proletari, oggi quella dei lavoratori contro i nemici dei lavoratori), perché la festa assume più facilmente valore universale, per cui non si ferma ad essere la festa di una classe o fazione sociale, ma diventa anche la festa dei lavoratori affratellati e nessuno escluso (manuale o intellettuale che sia) , e per naturale quanto auspicabile conseguenza, diventa pure la festa del lavoro umano , nel senso più ampio del termine .

                Onde celebrando il lavoro intero, e non escludendo qualcuno, ne consegue che la società tutta, con questa festa si purifica e si rigenera nelle intenzioni , perché recupera l'importanza universale (e non settaria) del valore del lavoro; e allo stesso tempo, senza assolutizzare il medesimo lavoro, secondo l'esempio mirabile di Giuseppe che lavorò per vivere e non per lavorare e basta, nonché imitando un padre di famiglia lavoratore radicale più di ogni altro lavoratore del mondo passato, presente e futuro, più difficilmente dimentica uno dei motivi fondamentali che giustificano il lavoro e la sua importanza: cioè il fatto che il reddito  lavorativo serve a mantenere una famiglia , prima ancora che ad altre cose, pur necessarie .

                E tale dimenticanza si verifica proprio in questa epoca, la quale, a causa dei settarismi che tendono a considerare la gestione della cosa publica e persino la stessa famiglia come una lotta tra fazioni o sessi (anziché un dibattito o una collaborazione per conseguire il bene comune), troppo frequentemente avviene che il faziosismo lottizzatore fomentato dall'egoismo, toglie attenzione e risorse a beneficio della via maestra del bene sociale, che è incrementare la prosperità della famiglia, prima ancora che della fazione o partito, e prima ancora dello Stato stesso .

                Ma c'è di più : il lavoratore moderno, fatta la metamorfosi da agricoltore contadino o da artigiano in operatore o operaio industriale, e da questa posizione, insieme al suo settore industriale, dettando legge  e costume anche agli altri comparti

                (si che oggi se permangono le divisioni dei settori produttivi, tuttavia tutti questi settori aspirano ugualmente a industrializzarsi sempre più nella tecnica come nel costume, e vie diverse dall'industrializzazione  sono considerate o irrealizzabili o sconvenienti),

                rischia di secolarizzare troppo l'attività produttiva o l'esercizio del lavoro; rischia insomma di vivere senza Dio, proprio durante una attività fondamentale dell'esistenza, il lavoro medesimo ; e ciò quando storicamente la civiltà occidentale del lavoro, è stata scandita dalla preghiera e dalla campana, prima ancora che dall'orologio e dalla preghiera stessa.

                Ora Giuseppe fa proprio il contrario : lavora e prega; e lavora per mantenere se stesso e la famiglia; ma più in generale, può dirsi che lavora per fare la volontà stessa di Dio, che comandò il lavoro dopo la caduta dei progenitori (Gn 3,17), e che gli affidò la Sposa e il Bambino da mantenere e per quanto a lui possibile, da ben trattare e formare .

                Il lavoro, in Giuseppe, è pertanto un elemento importante della vita, che ordinatamente situato nella gerarchia delle altre componenti della stessa vita (Dio, la famiglia, il sostentamento di sé facendo l'artigiano o una attività socialmente utile, senza rubare a nessuno...ecc), in modo armonico finisce per contribuire mirabilmente alla santità del nostro .

                        Onde può ripetersi e concludersi che in san Giuseppe il lavoro è insieme mezzo per sostentarsi e mezzo per santificarsi o guadagnarsi la vita eterna. E' dunque San Giuseppe il vero modello cristiano dell'uomo che lavora, e del pari, non può essere Marx o Mussolini , o quello o quell'altro personaggio , che non regge alla storia , ingoiato dai propri errori .

                Ma Giuseppe regge e vive e vivrà ; e la sua santitas sarà un grande modello fino alla fine dei secoli; e dopo lassù in cielo, essa risplenderà maggiormente, sia per il posto che già s'è meritata con la sua vita esemplare, sia per i numerosi imitatori pervenuti e che perverranno in terra a una sana e veritiera concezione del lavoro, grazie all'esempio affascinante e pio del Santo Giuseppe Artigiano e Lavoratore .

            

FINE

 

 

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