LETTERE AGLI UOMINI DI PAPA CELESTINO VI° : AI REGGITORI DI POPOLI

(Da: G. Papini, Lettere agli uomini del Papa Celestino VI°, Firenze, Vallecchi 1946  -?-, p.115)

4-7-06

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 Miei fratelli, miei figlioli,

                non mi rivolgo a voi per mendicare aiuti o accampar diritti. De' vostri aiuti non ho bisogno, perché sarebbero nell'ordine della materia che non è il mio. I miei diritti, superiori ai vostri, provengono dalla forza di Cristo e sono scritti una volta per sempre nel Testamento Nuovo.

                La Chiesa vide spesso in voi, servi padroni degli uomini, i suoi armigeri o i suoi rivali o i suoi vassalli. Voi siete per me, invece, infelici da commiserare e brancolanti da ristradare.

                Non voglio le vostre armi perché di nessuno ho timore fuor che di Dio. Non cerco la vostra alleanza che fu, quasi sempre, nefasta alla Chiesa. Il suo nerbo sarà sempre l'amore dei semplici, non già la bestemmia della religione come instrumentum regni. Se la Chiesa è fondata e voluta da Dio, nessuna persecuzione potrà scalzarla, nessuna forza umana potrà distruggerla. E se Dio permette o vuole ch 'io versi il mio sangue vuoI dire ch 'Egli dà al mio povero sangue valore di scambio e di riscatto.

                Ma neppur vi penso nemici. Anche se mi odiate e mi combattete, ho l'obbligo e l'istinto di amarvi.

                E neppure pretendo che i principi e i capi delle nazioni siano a me soggetti come vassalli. Siccome tutta la terra appartiene a Dio sarebbe necessario e giusto che fosse governata dal Vicario di Cristo ma un tal dominio deve esser preparato dalla mutazione e conversione degli animi, fondato dal volere e dal consenso dei popoli. Non può essere mera proclamazione ideale o peggio ancora, interessato e ipocrita omaggio dei Sovrani. Io vorrei signoreggiare tutti i cuori non già esser l'alto feudatario di valvassori malfidi.

                Son Vicario di Cristo e il dover mio è di pensare in conformità dell'Evangelo. Cristo rifiutò l'offerta che Satana gli fece di esser padrone di tutti i regni della terra e rifiutò, più tardi, d'esser fatto re. Preferì la corona di spine, che nessuna rivoluzione può far cadere e anzi, quando più forte è la bufera, sta più salda in capo perché le spine entrano più profondamente nelle tempie.

                Ordinò Cristo di rendere a Cesare quel ch'è di Cesare. Ma qual'era la cosa che egli comandò di rendere? Una rotellina di metallo che portava impresso un profilo d'uomo : poco meno di nulla. A Dio invece, bisogna dare tutta l'anima, l'anima di ben altro conio coniata, l'anima fatta a immagine del Creatore,  l'anima che porta impressa la figura dell'Uomo Dio e vale infinitamente più di tutte le monete che vomitano le vostre zecche.

                Quando Satana offri a Gesù i regni della terra non era del tutto un millantatore, s'è vero, come San Paolo dice, che la terra appartiene al Principe di questo mondo. Voi sareste, dunque, in certo modo, vicari di Satana ma se da un così terribile padrone viene il vostro ufficio a ben altro padrone dovrete renderne conto. Gli uomini dovranno obbedire a voi finche non obbediranno pienamente a Cristo. Il vostro regno è il gastigo della disobbeidienza: è sorto da un rifiuto. Il vostro regno è reso necessario dal peccato, ha i suoi maggiori fondamenti nella malvagità dei molti e nella paura di tutti. Se gli nomini vivessero secondo la legge del Padre e si amassero nell'amore del Figlio non vi sarebbe più bisogno di giudici, di armati, di capi. Il genere umano farebbe a meno di tutti voi, tanto di coloro che si ammantellano con la porpora e l'ermellino quanto di quelli che indossano la giubba caudata o la tenuta soldatesca.

                Il genio di Sant'Agostino dimostrò che Dio permise l'autorità dei re per frenare i mali istinti dell'uomo, cioè che i poteri temporali sono, all'origine, una delle conseguenze più mortificanti del peccato originale.  L'uomo, dopo la caduta, divenne ladro e omicida, imitatore di Caino e seguace di Caco, sì che fu necessario inalzar sulle nazioni uomini potenti ai quali è permesso perfin di ricorrere al furto e all'assassinio al fine d'impedire o punire le ruberie e le uccisioni dei privati. Voi siete, dunque, necessari ma spesso, per molti dei vostri sudditi, in quel senso che il domatore è necessario alle belve, che il secondino è necessario ai detenuti, che la sentinella è necessaria  ai prigionieri, che la camicia di forza è necessaria ai pazzi. Se gli uomini smettessero di essere belve per farsi cristiani, cioè diventassero liberi in Cristo, voi sareste issofatto superflui, indesiderabili e licenziabili. Quando tutti fruiranno della libertà dei figli di Dio il vostro regno finirà. Vi sarà una sola guida, il delegato che Cristo lasciò sulla terra. E i Pontefici, non più aduggiati dalle vostre ombre che solo il tramonto fa sembrar gigantesche, potranno presiedere, finalmente, il promesso regno dei cieli.

                Siamo ancor lontani da quel giorno e nel frattempo voi dovete esistere e governare, essere obbediti e farvi obbedire. Ma non montate per questo in superbia. Non v'immaginate d'essere al disopra degli altri uomini perche i vostri profili son consunti dai polpastrelli dei maneggiatori di monete e le vostre immagini son percosse dal timbro morchioso della posta. Non siete, come forse v'immaginate e come fingon di credere i lusingatori, i veri padroni della terra. Non siete, in verità, che sorveglianti temporanei e malsicuri di leggi mutabili, di confini instabili e di tribù volubili. In vita dovete render conto ai popoli, dopo la morte a Dio. Se buoni, sarete i servitori e le vittime dei sudditi; se perversi, vivrete nel terrore e finirete nell'infamia. Il più delle volte, nonostante la goffa e vana spocchia, non siete altro che addobbati manichini nelle mani di quelle camarille che vi sostengono come le corde sostengono gl'impiccati.

                Ma la vostra responsabilità è grande, nonostante la precaria potenza dei potenti. Voi non ascoltate abbastanza le voci dei vostri popoli, non pensate abbastanza alle miserie, alle angustie, alla pelle, alle ansie della povera umile stracca gente che gremisce le vostre città; non sapete udire, nella notte e nel silenzio, i gemiti le maledizioni che si levano verso di voi e dei vostri. Voi pressurate anche i poveri, infastidite anche i pazienti, ingabbiate anche i   solitari, mandate al macello anche gl'innocenti. V'è chi fornisce a voi, per legittimare ì sacrifici delle moltitudini, parole d'ordine, miti e motti, teorie e bandiere di bei colori. Ma non tutti si appagano di suoni e di squilli, non sempre le formule altisonanti posson tener luogo di pane e di pace. Con la scusa di salvar la vita dei cittadini voi li caricate di cosi strapiombante soma che alla fine la vita stessa diventa supplizio che non merita più d'esser difesa.

                Voi siete, spesso, ottimi attori e prestigiatori. Sapete nascondere le macchie di sangue sotto la porpora, gli artigli sotto i guanti felpati, lo zoccolo del satiro sotto gli stivali del matamoro, il pelo della volpe sotto la montura. Ma vi manca, purtroppo, una delle più alte facoltà dell'uomo: l'immaginazione. Credete d'essere amati quando siete tollerati, credete d'esser temuti quando siete odiati, credete d'esser glorificati quando siete adulati. Ma soprattutto non sapete immaginare quel che potrebbero divenire i vostri regni se voi invece d'esser vicari di Satana che pronunziano invano il nome di Dio, vi ricordaste talvolta, e non solo per comodità oratoria, d' esser cristiani. Voi vedete in qual tremendo stato avete condotto il mondo tutto,  nonostante la sapienza dei vostri consiglieri, la vostra ragion di stato, la vostra ricchezza, la vostra alterigia, i vostri eserciti. V'è chi afferma doversi accusare di tali rovine ed angosce pochi uomini, cioè proprio voi e soltanto voi. Non è vero ma è terribilmente vero che la vostra parte di colpa è ancor più grande di quella dei sacerdoti.

                Dio tollera e permette il vostro potere, qual rimedio imperfetto alla selvaggia imperfezione degli uomini ma non vi perdonerà tutto il pianto, il sangue, il tedio, l'odio, il disagio, l'affanno che trasudano le pagine dei vostri annali. Pagherete e fin da ora cominciate a pagare. Siete colpevoli ma siete anche infelici. Il sentimento più forte che m'ispirate, nonostante tutto, è la pietà. Sotto i vostri sontuosi drappeggi scopro ogni giorno la vostra miseranda miseria. Voi pagate minuzzoli di potere con carrate di schiavitù; scontate i fumi della maestà con gli aculei del timore e del sospetto. La servilità di coloro che vi circondano, per taglieggiare più che per servire, alimenta la vostra illusione di potenza e nutre la vostra superbia. La superbia ubriaca più del vin forte, l'ubriachezza conduce all'imbecillità o al furore, cioè alla        demenza; ch'è caduta e morte.

                Le tentazioni dell'orgoglio, del capriccio e  della soverchieria sono in voi più scusabili perché favorite dalla facilità e dall'impunità. Ne siete puniti, quasi sempre, dall'impossibilità di far contenti i popoli; che son per nativa natura indocili, refrattari e riottosi. Siete puniti dall'invidia, dallo scherno, dall'odio muto dei sudditi, che divennero molte volte vostri carnefici. Siete puniti dalla noia della forzata recitazione, dall'ignoranza dei veri sentimenti altrui, dal tradimento di quelli stessi che beneficaste.

                In verità voi m'ispirate un'immensa mestizia. E perché siete miei nemici, anche se non sempre lo sapete, io vi amo. E perché vi amo vorrei far men dura la vostra sorte. V'insegnerò quel che tutti sanno ma tutti dimenticano: non si può esser felici che facendo gli altri felici. Come potete essere amati se il vostro potere, per forza di cose, si presenta ai popoli, quasi sempre, in aspetto d'intimazione, di minaccia e di gastigo ? Molti non conoscono i vostri governi che sotto forma di gendarme, di carceriere, di boia, di ufficiale di leva e di reggimento, di esattore del fisco, d'inquisitore, di proibitore. Lo stato appare perciò agli occhi dei più un Leviatano che ha per unico viscere il ventre, un Polifemo che non ha altro organo fuor della bocca, un Briareo che si serve delle braccia sol per rapire e respingere, un orco in agguato che può togliere ai cittadini, anche se innocenti, denaro, libertà e vita.

                Voi dovreste pensar meno alla grandezza geografica e politica dei vostri stati e un po' più , molto di più, alla felicità di coloro che li abitano. Raddoppiare il vostro territorio significa, talvolta, raddoppiare il numero di quelli che vi maledicono. Avete veduto, in questi anni, a quali calamità abbia condotto la cupidigia di terra e di potenza. Fate men tristi, meno angariati e meno oppressi i vostri sudditi e li avrete fatti smisuratamente men poveri perché non v'è ricchezza che valga quanto la serena letizia dell'animo.

                E se l'indole e la dignità vostra vi spingono alla guerra fate, in nome di Dio, la guerra alla povertà, la guerra all'imbecillità, la guerra alla crudeltà, la guerra contro l'ignoranza degli istruiti e contro la barbarie dei civili.

                Voi non dovreste curarvi ,soltanto di preparare cittadini addomesticati, soldati agguerriti, famuli e accoliti rassegnati. Dovreste cooperare con la Chiesa di Cristo alla Metanoia ch'è la sola speranza che resti ormai agli uomini per guidarli a salvamento fuor da quest'inferno di fuoco e di sangue. Dovreste porre come principal fine del vostro potere, quel disbestiamento e disbarbarimento degli uomini, quella rivoltura e bonifica dell'anima, quella Metantropia, insomma, ch'è al disopra di tutte le politiche, di tutte le saggezze, di tutte le riforme, di tutti i sistemi e di tutti i regimi perché soltanto col mutamento dei cuori muteranno le sorti dei popoli e dei singoli. Soltanto con I'attuazjone effettiva e piena di pochi versetti dell'Evangelo gli uomini potranno cancellare la maggior parte delle presenti sciagure, potranno cominciare una vita più sopportabile, più nobilmente umana perché più eroicamente divina. Non vi esibite alle genti soltanto in veste di gabellieri e di beccai, di spaventacchi e di feticci ma presentatevi piuttosto come educatori, rieducatori, riformatori, rinnovatori delle anime. Grandi strumenti avete fra le mani e grandi cose potreste ottenere da coloro che si modellano sui grandi. Siate alchimisti spirituali, coltivate la magìa bianca della sublimazione. Siate pastori di popoli ma non già per allupare gli agnelli e intigrire le pecore sì bene per ricondurre lupi e tigri a più mansueta convivenza. Volgete tutte le forze vostre, usate fin qui per l'anticipazione dell'Apocalisse, alla trasmutazione degli spiriti, alla gioia dei cuori, alla vittoria di Cristo. Voi sarete, alla fine di quest'impresa, messi in disparte come guardiani superflui: ma non siete forse anche voi infelici e prigionieri ? Non sapete forse che i guardiaciurma son reclusi quanto gli ergastolani?

                Non chiedo, dunque, che siate vassalli della Chiesa ma vorrei che foste collabdratori del Vicario di Cristo perché Cristo liberi anche voi dal giogo e dal rimorso della potenza. Non dite che qui parla il mio sogno, ch 'io vaneggio e farnetico per amore dell'impossihile. Non siete anche voi dei sognanti che sognate di regnare? Non fu spinto da un sogno, fino ai fiumi dell'India, il biondo cavalcator di Bucefalo ? Non furono sogni, benché sogni degni d'esser veri, gl'imperi di Augusto e di Carlomagno? Non dileguarono come sogni all'apparir dell'alba gl'imperi di Gengis-khan e di 1Akbar ? Non sapete voi che val meglio soffrire e morire per un sogno che vivere e impinguarsi nella mediocrità delittuosa ?

                Ma Cristo non è un sogno. Noi abbiamo oggi la prova che l'umana saggezza precipita i popoli nel tartaro di tutte le pazzie. La pazzia dell'Evangelo ci farà liberi, cioè felici. Fra un secolo il mondo sarà cristiano o sarà distrutto.

                Anche voi, servi travestiti da monarchi, siete chiamati ad accettare la vostra mansione nell'opera della salvezza, cioè dell'universale Metanoia.

                Io non vi chiedo servigio di protezione ne ossequio di vassallaggio. Voi siete colpevoli e io son pronto a perdonarvi. Voi siete Infelici ed io ho compassione di voi. Voi siete nemici epperciò vi amo.

                Vi chiedo soltanto di ritrovare, sotto i cenci gallonati della maestà, il vostro cuore umano, il vostro povero cuore umano, il vostro dimenticato e intossicato cuore umano. Pensate alla paurosa gloria, alla felicità perduta, pensate alle turbe che Lucifero vi consegnò e che dovete restituire a Dio. Non vergognatevi di soffrire, qualche volta, come i santi; non vergognatevi di sognare, qualche volta, come i poeti; non vergognatevi di piangere con me, con l'ultimo dei Vicari di Cristo, su queste sventurate turbe che, a dispetto di tutto, confidano ancora in noi.
 

Celestino VI° Papa , Servo dei Servi m Dio.

 

FINE

 

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