L'ORTO DELL'ALBERETA

21-2-06

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Finestra sul popolo aretino, toscano, italiano

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                Si dice che la sorgente dell' Albereta che sgorgava a valle di due dirupi , fosse scaturita in occasione del passaggio del Santo Francesco verso la Verna ; poi col tempo , precisavano i più anziani , la sorgente si spostò dalle vette e ricomparve più giù a valle , appunto nella località detta Fosso dell'Albereta .

                Il fosso attraversava dunque uno spazio di terreno di circa trecento metri quadrati , il quale era prezioso per via della presenza dell'acqua . Giangio che viveva in un luogo panoramico detto la Scogliera , a circa dieci chilometri dall' Albereta , pensò bene di fare in quell'appezzamento un orto , visto che metà era di sua proprietà e l'altra metà di un vicino .

                Infatti alla Scogliera , Giangio non aveva nemmeno un metro quadrato per piantarci il basilico; nonostante che la sua casa fosse in luogo bello dominante la valle , tuttavia era circondata da soli scogli e se vegetazione c'era ,  era di quella che abbarbica solo negli interstizi delle roccie .

                Pertanto costretto dalle circostanze a coltivare l'Albereta , ogni mattina attorno alle sei , se ne partiva verso quel luogo armato della sua  doppietta , col tascapane a tracolla e la zappa in spalla, colla sola forza delle braccia , rompeva la terra , zappava , vangava , spianava ; giunta la buona stagione piantava le verdure e in estate fino a settembre , quel lembo sotto i dirupi , quell'antro selvaggio da banditi o da eremiti , quel terreno circondato dalle tane delle volpi e dei lupi, diventava al contrario , rigoglioso e verdeggiante come un orto della Valdichiana :

                c'era la sezione dei fagioli bianchi e neri , che s'abbarbicavano fieri sui pali a coppie; poi era la volta dei pomodori , pure essi palati a coppie ; quindi la zona delle insalate , come minimo , radicchio e lattuga ordinaria ; infine , le cipolle che crescevano tenere e fresche, finanche con certo pizzicore appetitoso per freschezza e purità ; ma vi erano pure le zucche , le fave ...  . E tutto era ordinato , curato quotidianamente nei particolari  , innaffiato con acqua  buona , onde quell' orto sembrava un giardino in mezzo a una landa desolata e selvaggia , ma proprio per questo, anche bella e naturale .

                Agli occhi di uno spettatore disinteressato , questo orto appariva dunque un idillio perfetto , una isola felice , senza pericolo o predatore   alcuno , nonostante che la realtà della vita induca piuttosto con frequenza a pensare il contrario . Infatti , anche qui , c'era immancabilmente il suo contrario , vale a dire il pericolo incombente , la sciagura , la distruzione delle sostanze e del sudore, senza possibilità di indennizzo :

                vi era infatti costante possibilità che il bestiame dei vicini sconfinasse e approfittando di una distrazione dei pastori , facesse man bassa degli ortaggi, vandalizzando e distruggendo , mangiando qua e la qualcosa , riportando tutto quell' ordine antropico frutto di fatica , nel disordine spontaneo della natura .

                Giangio sapeva di questo pericolo , pertanto appena ne aveva occasione , colloquiando coi vicini pastori , li interessava al suo caso :    

                Attenzione al mio orto : se le vostre bestie sconfinano vado dal maresciallo e vi faccio pagare i danni ; purtroppo non posso fare a meno sia di dirvelo che di denunziarvi . Fate dunque attenzione e non costringetemi a fare ciò che non vorrei ...  .

                E la risposta era :

                Tranquillo Giangio , lo vedi che siamo sempre dietro le nostre bestie : è dunque impossibile che sfuggano al nostro controllo ; anche se la fatalità forse non si potrebbe evitare , però per quel che dipende da noi , tranquillo ! Non ci sarà sconfinamento alcuno ... .

                Vi era tuttavia nella organizzazione del territorio agricolo in quei tempi degli anni sessanta del dopoguerra , un gravissimo difetto , anzi una maledizione strutturale (molto maggiore di quanto la stessa pur permanga nefandamente tuttoggi in alcune zone) , alla quale ragione solo in pochi sfuggivano .

                Tale maledizione  consisteva nel fatto che la terra era mal distribuita , e superframmentata ; insomma alcuni avevano una maggiore quantità di appezzamenti ma spesso erano comunque di proporzione insufficiente per il benessere familiare ; altri avevano scarsa quantità di terreno e quel che peggiorava il tutto , era il fatto che queste terre si confondevano tra loro , pertanto , ad esempio , il campo davanti la casa di  uno , poteva essere del vicino , mentre quello a dieci metri del medesimo vicino, poteva essere , mettiamo , di un altro vicino abitante però a due o dieci chilometri di distanza .

                Inoltre , questa geografia frammentata e confusa della proprietà , impediva  le recinzioni per metterci dentro le mandrie , si che queste dovevano esser pascolate direttamente dalle donne o dai bambini , pastori  fissi, visto che gli uomini dovevano impegnarsi nei lavori agricoli più pesanti . In questo contesto era pertanto impossibile un controllo agevole e duraturo delle mandrie, onde mai queste sconfinassero o combinassero danni in appezzamenti altrui . Ogni tanto accadeva dunque il giorno fatidico dello sconfinamento ; e allora c'era da dire tra vicini , sebbene questi stessi avessero in se , oltre i fatti , una certa qual sorta di consapevolezza della situazione , si che si gridavano da popolani ; ma poi se non c'erano esagerazioni da danno eccessivo , tutto rientrava , e davvero , amici più di prima .

                Avvenne però, purtroppo ,  anche il giorno di Giangio : le vacche di Gennaro Batuzzi , il vicino dell'Albereta , approfittando dell' incustodia momentanea , traversarono il fresco fosso , addentarono i fagioli , sbaragliarono le paline dei pomodori , vangarono il tutto con pedate e assaggiarono il meglio con avide boccate, infine ci defecarono pure ben bene , come per pagare con buon letame il servigio offerto da Giangio, suo  malgrado ; e quindi , come fanno tuttoggi e come facevano un tempo i barbari e i predoni d'ogni dove, decisero quelle bestie pirate , d'abbandonare il luogo della rapina  e di tornarsene in loco riparato , tra l'ombra e la falasca e le ginestre del bosco . La si misero pure a diacere in un pianello e rumicavano pacifiche alla brezza lieve del pomeriggio estivo, come se nulla fosse .

                Quando il vicino tornò dalle sue bestie , disse :

                vedi brave , rumicano in santa pace .

                Ma già dal fondovalle si sentivano le invettive di Giangio che parlava contro tutti , ma specialmente contro la malasorte di se stesso :

                Lo sapevo! Maledette bestiacce .. : Tanto lavoro e sudore , e ora distrutto il meglio in un batter d'occhio . Ma mi farò pagare i danni , fosse   l' ultima cosa che faccio in  vita mia . Son pure fuggite : ma io so di chi sono e so pure dove sono andate ...  . Ma più che delle bestie è colpa dei padroni : non ci fanno attenzione ! A loro che importa ? Tanto l' orto è mio ; la fatica è mia , la perdita è mia ... e loro si sono riempite le pancie e anzi , daranno più latte  con le verdure del mio orto ; mentre io dovrò ricominciare daccapo ; ma anche in tal caso , potrebbe accadermi lo stesso incidente . O ci fanno attenzione o non ho scampo ...  . Ora però nessuno vorrà la colpa e tutti i vicini si diranno innocenti . E' la solita solfa ...  .

                Su una cosa però Giangio errava : i vicini non avrebbero negato tutti : quelli che avevan visto , parlarono : erano dunque colpevoli le vacche del Batuzzi, il gran vicino dell' Albereta , proprio il sospettato numero uno; esse approfittando dell'assenza momentanea del pastore , avevan fatto il blitz banditesco sopradescritto e poi si erano ritirate, come abbiamo detto , per quella sorta di istinto del meglio condursi che hanno le bestie tutte , anche le domestiche e anche in rapporto ai propri custodi .

                Giangio chiese dunque il giusto risarcimento al Batuzzi che però negava il fatto , visto che aveva trovato le sue bestie non nell' orto ma a ruminare beatamente in quel pianello boschivo , lontano   dall'Albereta . Passarono dunque mesi , e in paese si continuava a discutere del fatto , in particolare del malvolere del Batuzzi non pagante . Intanto Giangio con pazienza che tante altre volte aveva dimostrato e che si capiva essere               l' unica sua risorsa e insieme adeguata quanto efficace difesa di fronte alla sventura della povertà e alla negligenza dei vicini (peraltro poveri come lui , o comunque non certo straricchi) , aveva riassettato l'orto e quasi ne aveva ricavato quanto prima degli ortaggi consumabili , sia secondo l' aspetto che secondo la sostanza .

                Però le chiacchiere in paese continuavano in proposito ; e se da un lato avevano i difetti di sempre , cioè si ingrandivano dietro le spalle e tacevano davanti agli  interessati , dall'altro avevano anche il salutare effetto di far meditare e prender coscienza di come stavano le cose : pian piano avvenne dunque che anche il Batuzzi si convinse che erano state le sue bestie a compiere il danno e che dopotutto Giangio aveva ragione .

                Giunse pertanto il momento di dover decidere come compensare il povero Giangio . In casa Batuzzi se ne  parlò appositamente a tavola e fu deciso quanto segue : in occasione della Trebbiatura , Giangio , non avendo né bestiame né macchine , non avrebbe potuto da solo trasportare il grano e le biade per galline e conigli , fino all'aia ; pertanto il Batuzzi con le sue vacche e la treggia , avrebbe trasportato dai campi di Giangio sulla propria aia , il grano e le poche biade , gratuitamente ; inoltre nessuna spesa da parte di Giangio per il giorno della trebbiatura ; se mai unico suo obbligo , era di esser presente anche  lui , viste le sue messi nell'aia e visto che quel giorno , ben si sapeva che occorreva la collaborazione da parte di tutti , come mai , in paese . E così fu fatto .

                Giangio ebbe , se non adeguata ricompensa , almeno il riconoscimento della necessità della medesima , cioè la carreggiatura e battitura gratuite , e quel che in fondo più conta , ebbe la riconciliazione definitiva coi Batuzzi , suoi lontani parenti e vicini , si che se dopo lo sconfinamento poteva talvolta accadere che incontrandosi per le strade del paese , difficilmente si rivolgessero la parola ,   ora, dopo la trebbiatura , il danno era stato definitivamente riparato e con esso, in modo automatico e dopotutto auspicato dal buon senso generale che non abbandona mai la gente di campagna , veniva riabilitata anche la normale affabilità e amicizia .

                Intanto l'autunno era alle porte ; l' inverno sarebbe stato agevolmente affrontato con la selvaggina cacciata (specialmente i tordi di passaggio) e l'estate prossima aveva ancora da venire . Lontano era dunque il pericolo che la sventura dell' orto di ripetesse .

 

 

FINE

 

 

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