MARIA MOTTA FECE DELLA CECITA' UN MEZZO DI SANTIFICAZIONE

(Da : Tonino Campus, Sui sentieri di Maria Motta in Luce e Amore, n.3-2008  -Lodi : Giornate della Condivisione-)

 

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              Per chi, come me, ha partecipato alle Giornate della Condivisione a Roma e, quest’anno a Lodi, è difficile esprimere i sentimenti e le suggestioni provate, tanto forte è il messaggio lanciato da queste giornate di intensa spiritualità oltreché di amicizia. A Roma il nostro Movimento ha ricevuto da Benedetto XVI il ricono­scimento e il grazie per l’impegno apostolico profuso nelle Chiese per le opere di solidarietà realizzate a fa­vore dei non vedenti che vivono nei Paesi in via di sviluppo e per le esperienze di fraterna condivisione ba­sate sul messaggio evangelico, portate avanti da singoli soci e dai Gruppi diocesani. Le giornate di Lodi hanno fatto rivivere in maniera autentica le origini del nostro Movimento, ripercorrendo con semplicità e con viva partecipazione le tappe del cammino percorso da Maria Motta e dai suoi primi collaboratori.

            Monza e Lodi testimoniano il passaggio fecondo di una “donna” che con la sua umiltà e la sua grande fede ha avuto l’intuizione di dare vita ad un Movimento che avrebbe offerto alla Chiesa e alla società civile strumenti preziosi per l’integrazione dei non vedenti e per il riconoscimento della disabilità non come ostacolo a vivere forti esperienze di fede e di umanità, ma come momento di espressione di sentimenti umani e religiosi validissimi, illuminati dalla sofferenza non “fine a se stessa”, ma ancorata alla Croce di Cristo. L’esperienza associativa di Maria Motta e gli 80 anni di storia del nostro Movimento, dimostrano che gli strumenti individuati dalla Fondatrice nel 1928, sono ancora validi ed in grado di dare nuova energia e linfa vitale alla nostra proposta associativa. La sua grande intuizione non si fonda su strategie effimere o vincolate alle mode del tempo, ma hanno nell’Eucarestia, nel Vangelo, nella preghiera, nell’amore per Cristo e per i fratelli un fonda­mento solido e sicuro, capace di superare le inevitabili difficoltà, la fragilità umana, la povertà dei mezzi e l’inadeguatezza delle nostre forze di fronte alle sfide del tempo in cui viviamo.

            Ripercorrendo le strade familiari alla no­stra Fondatrice e le chiese dove lei era solita pregare, ho avvertito una particolare sensazione: sono tornato indietro nel tem­po, rivivendo le mie difficoltà e perplessità nei confronti della cecità incombente che stava modificando la mia esistenza, nel senso che non avevo chiaro il mio dover essere nella Comunità Ecclesiale e Civile, dover essere che vedevo compromesso per quanto riguardava la mia integrazione in esse.

            La vita e le opere di Maria Motta dimostrano che, sin dal primo momento, il rapporto con la cecità è stato visto non come ostacolo al suo realizzarsi come cristiana e come cittadina, ma come una strada privilegiata tracciata dal Signore perché lei potesse affinare le sue doti umane e spirituali al servizio dei fratelli vedenti e non, impegno alimentato sempre da una viva fede e da un’intensa preghiera.

            Rivivendo a Lodi e a Monza in un 'atmosfera tutta particolare, immediata e palpabile, la proposta associativa di Maria Motta, mi sono chiesto: "Che cosa ci direbbe oggi? Quali traguardi indicherebbe? Quale nostro atteggiamento modificherebbe ? Sono certo che ci esorterebbe a riscoprire la nostra fedeltà al battesimo, a riavviare l'amore per Dio e per i fratelli, a superare le nostre difficoltà individuali e di gruppo non inseguendo strategie basate esclusivamente sul nostro efficientismo e sulle mode del momento, ma sugli autentici valori, ancorate alla Parola di Dio e ad una profonda ed intima comunione con il Signore, unico Faro capace di illuminare il nostro cammino associativo senza tentennamenti o cadute di stile.

     

FINE

 

 

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