IL NATALE

 

VAI IN FONDO

Le più Belle Poesie di Natale

Precedente

HOME

Successiva

VAI IN FONDO

 

Qual masso che dal vertice

di lunga erta montana

abbandonato all'impeto

di rumorosa frana,

per lo scheggiato calle

precipitando a valle,

barre sul fondo e sta;

 

là dove cadde immobile

giace in sua lenta mole;

né per mutar di secoli,

fia che riveda il sole

della sua cima antica,

se una virtude amica

in alto nol trarrà;

 

tal si giacea il misero

figliol del fallo primo,

dal dì che un'ineffabile

ira promessa all'inno

d'ogni malor gravollo,

donde il superbo collo

più non potea levar.

 

Qual mai tra i nati all'odio,

quale era mai persona

che il santo inaccessibile

potesse dir perdona ?

far novo patto eterno ?

al vincitore inferno

la preda sua strappar?

 

Ecco ci è nato un pargolo,

ci fu largito un Figlio;

le avverse forze tremano

al mover del suo ciglio;

all'uom la mano ei porge,

che si ravviva e sorge

oltre l'antico onor.

 

Dalle magioni eteree

sgorga una fonte, e scende,

e nel borron de' triboli

vivida si distende:

stillano mele i tronchi

dove copriano i bronchi,

ivi germoglia il fior.

 

O Figlio, o tu cui genera

l'Eterno, eterno seco;

qual ti può dir de secoli:

tu cominciasti meco ?

Tu sei del vasto empiro

non ti comprende il giro:

la tua parola il fe' .

 

E tu degnasti assumere

questa creata argilla ?

qual merto suo, qual grazia

a tanto onor sortilla

se in suo consiglio ascoso

vince il perdon, pietoso

immensamente Egli è.

 

Oggi Egli è nato: ad Efrata,

vaticinato ostello,

ascese un'alma Vergine,

la gloria d'Israello,

grave di tal portato

da cui promise è nato,

donde era atteso uscì.

 

La mira madre in poveri

panni il Figliol compose,

e nell'umil presepio

soavemente il pose;

e l'adorò beata!

innanzi al dio prostrata,

che il puro sen le aprì .

 

L'angel del cielo agli uomini

nunzio di tanta sorte,

non de' potenti volgesi

alle vegliate porte;

ma tra i pastor devoti,

al duro mondo ignoti,

subito in luce appar.

 

E intorno a lui per l'ampia

notte calati a stuolo,

mille celesti strinsero

il fiammeggiante volo;

e accesi in dolce zelo

come si canta in cielo

a Dio gloria cantar.

 

L'allegro inno seguirono,

 tornando al firmamento:

tra le varcare nuvole

allontanossi e lento

il suon sacrato accese,

fin che più nulla intese

la compagnia fedel.

 

Senza indugiar cercarono

l'albergo poveretto

que'fortunati, e videro,

siccome a lor fu detto

videro in panni avvolto,

in un presepe accolto,

vagire il Re del Ciel.

 

Dormi o Fanciul; non piangere;

dormi o Fanciul celeste:

sovra il tuo capo stridere

non osin le tempeste,

use sull'empia terra,

come cavalli in guerra

correr davanti a te.

 

Dormi, o celeste: i popoli

chi nato sia non sanno;

ma il dì verrà che nobile

retaggio tuo saranno;

che in quell'umil riposo,

che nella polve ascoso,

conosceranno il Re.

 

(Alessandro Manzoni)

 

 

FINE

 

 

TORNA SU

Le più Belle Poesie di Natale

Precedente

HOME

Successiva

 

TORNA SU