IL FATTORE DEVE OBBEDIRE AL PADRONE E COMANDARE I LAVORATORI, MA NON DEVE LAVORARE MANUALMENTE (RICCORDO XCIX), DEVE FAR LETAMARE I PRATI, FAR FARE LAVORI UTILI ANCHE IN INVERNO (RICCORDO  XCVIII) E DEVE ASCOLTARE RARAMENTE I SUGGERIMENTI DEI CONTADINI  (RICCORDO  XCVI)

(Da : Giacomo Agostinetti, Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa,

Fondazione Giorgio Cini, Regione Veneto, Pozza Editore, Vicenza 1998; pp.226-27)

17-6-06

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Note

Finestra sulla agricoltura

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INTRODUZIONE

                              Giacomo o Jacopo Agostinetti, nacque nel 1597 a Cimadolmo della Marca Trevigiana. Servì in qualità di fattore, vari notabili di quelle terre per circa quarantadue anni e all'età di ben ottantadue, ritiratosi nel suo paese natio, si decise a scrivere i suoi ricordi (riccordi) riguardanti la "molto lodevole" agricoltura.

                    Giacomo ha una tipica idea di quei tempi, di come dovevasi amministrare le terre e i lavoratori affidati dai padroni. La sua concezione del fattore è aristocratica e classista : la divisione dei ruoli è rigida : il Fattore deve solo obbedire al padrone e comandare solertemente i lavoratori; pertanto controbatte chi come il Barpo aveva già ammessa la possibilità del lavoro manuale per il Fattore .

                     Ma non dobbiamo fermarci a dire che l'Agostinetti concepisce il fattore come un'appendice dell'aristocrazia . Infatti Giacomo non è solo aristocratico nella professione, e dunque ligio alla opinione dominante alla fine del secolo XVI° , che propugnava più o meno consapevolmente quella data concezione del Fattore che andava per la maggiore. Infatti il trevigiano non concepisce l'Amministratore-Fattore come un privilegio professionale e basta, ma piuttosto come un ruolo massimamente produttivo, sebbene rigido, cioè che non deve sconfinare negli altri ruoli o mestieri, specialmente in quelli dei lavoratori che sono le braccia manuali. Pertanto ad es., anziché seppellirsi nel riposo e la bella vita invernale, non esita a visitare i campi durante le pioggie invernali, e a studiare quali lavori son possibili in quest'epoche d'acqua e venti, onde, scongiurati i dannosi ristagni, il ciclo produttivo n'abbia beneficio al suo risveglio  primaverile imminente .

 

TESTO

 

Riccordo XCIX.

Qual sia la vera carica del Fattor.

                Chi ben considera, la carica del Fattore è molto bella e di gran stima, poiché quando il Fattore ha l'autorità totale, a ben essercitarla non ha né dura altra fatica che di ben comandare.

                E lasciar pur dire a monsignor Barpo nelle sue Delitie d'Agricoltura, che consiglia tenir un agente che tenghi li conti sopra una tessera, che bene non sa lettera poco importa che sia un huomo da fatica che possi far un fosso, tagliar un arbore, racconciar il coperto e simil cose vilissime, e doppo tanto lavorar non lo manda neanche a mangiar la polenta come deve.

                Mi perdonerà sua signoria che in questi paesi non si costuma di questi Fattori, giacché n'anco li gastaldi vogliono fare queste fontioni, non che li fattori. La vera carica del Fattore è di far quello che non vuol o non puol fare il patrone. Dirò dunque che s'è lecito al padrone di lavorare, così è lecito al fattore che deve assistere a gli interessi padronili in persona del proprio padrone, perché il fattore è assonto a tal carica per comandare, e se alcuno abusando la benignità del padrone e pregiudicando all'honorato essercizio di cui tiene la carica, in vece di far fare vogli fare egli stesso, fa grandissimo mancamento, perché tanto falla quello che trapassa il segno destinato quanto quello che non gli arriva, se però in qualche occasione non fosse per incontrar la sodisfatione del patrone, che in tal caso deve operare conforme al gusto del padrone : perché quelli che degradano dalla loro conditione, non sono veri cuochi ma sguateri.

                Così di cadauna professione tutti procurano tener il loro posto, et è una gran gratia da Dio che tutti faccino ben il loro mestiere senza passar ad intrigar quel d'altri, ma il punto sta che non siamo buoni di far bene il nostro senza andare a far quel d'altri. Chi chiamasse il cameriere del padrone, ch'è un giovane di bella presenza e di buona forza, a portar un sacco in granaro, che gli risponderebbe ?

                Che però tralasciamo questi discorsi e diciamo pure che quelli non sanno o non vogliono contenersi nella sua propria conditione e carica periscono, come ne abbiamo l'essempio occorso a' miei giorni che fu di Pompeo Giustiniano, cognominato Braccio di ferro, che lasciò il destro braccio sotto Ostenda e venne a lasciar la vita sotto Gradisca per non aver voluto contenersi come general nel comandar et tener bene ordinato il suo essercito conforme ricerca la sua carica e non andar troppo baldanzoso a riconoscer un posto vicino all'inimico, ove da una moschetata fu colpito mortalmente. Come intervenne a Gustavo Adolfo, re di Svetia, che si avesse contenuto nel posto di re e non mettersi soldato in una truppa di cavalli, non sarebbe perito nel conflitto de Lipsia come fece, tratto per divina promissione del suo grande coraggio.

                Così dico del Fattore: avendo qualche dilettatione di operare con le proprie mani, lo può fare, ma, come ho detto, in cose che sembri più tosto da scherzo che da dovero, come attorno fruttari o vide per quelli incalmare o pure bruscare, ma non già nel far altre opere manuali; che se il fattor che non è solito a lavorar facesse operationi manuali, potrebbe col scaldar e raffredir prendere una punta e lasciar la vita, come fece Pompeo e Gustavo. Onde si conchiode che basti il fattor che obbedischi al patrone e comandi agli altri.

 

Riccordo XCVIII

Avertimenti e reprensioni che deve fare il fattore a' contadini : [coltivare e letamare i prati, bonificare i campi dalle acque piovane e lavori utili, anche in inverno]

                Essendo il fattore obligato far che li contadini tutto quel più sia possibile a beneficio delle possessioni che lavorano, come a dire inanimirli che coltino li pradi un poco all'anno per renderli erbosi, e se non avessero ledami in avanzo, farli metter della colombina o polina, sterchio o bulazzi, che per loro ogni immonditia è buona, sino la cenere che si getta quando è consonta dalle lissie; perché da questa coltivatione provengono tutte l'altre, poiché con questo modo di operare viene ad accrescere il raccolto del fieno, il numero degli animali, le grasse e gli raccolti.

                Vedi mò fattore, dove va a refferire la prima pietra mossa! Ma quell'ignorante contadino che si serra, come è solito il dire, la coda tra le gambe aspettando che tutto le passi con comodità, stà sempre nella sua natia miseria con il suo terreno magro che a pena raccoglie la duplicata semenza, e però tutti questi particolari devono esser considerati da te, fattore, praticando e visitando più spesso li cortivi di questi tali, e l'autunno mostrarli il pagliaro quando di sopra nascono i grani del formento, dicendoli: Vedi misero che sei che non volendo affaticarti l'estate a faticar bene il grano dalla paglia, hora nasce nel pagliaro e tu hai bisogno di un pezzo di pan di sorgo!

                Si come bisogna raccordargli la conservazione delli carri, grappe, versor et d'ogni altro istrumento rurale, che molte volte li lasciano alla piovra per pura miseria, al vento al sole et alla luna, e poi, quando sono andati di male, corrono dal fattore che li dia dinari per comprar rode, serramenti et altro.

                E, veramente per la molta stoltitia de' lavoradori non bisogna che il fattor dormi sopra il lavoriero, ma sempre campeggiar per le possessioni e luochi del patrone, immitando il sole che non stà sempre in un punto nel zodiaco, circuisse la terra in un giorno e divide l'anno in dodeci parti, et acciò che i clima del mondo sentino da vicino la virtù del suo calore, fa che ciascuno ne gode alla sua volta: mentre l'inverno è in buono luoco, l'estate regna in un altro, et chi ha presenti i fiori della primavera, non invidia punto a i frutti che l'autunno concede agli altri.

                Mi sarà forsi opposto che anche il fattore deve aver qualche ora di quiete, e pure col raccordar tante e si diverse maniere e far conoscere quanto deve aggirarsi, circuire, andare, stare, tornare, osservare, obbedire, comandare, sgridare, strepitare, pare che io non ammetta un' hora di riposo. Mi soggiongeranno che può purtroppo riposare l'invernata, che vengono quelli tempazzi stravaganti che non si puonno fare alcune operationi, né meno viaggiare.

                Nè anco questo concedo, perché l'inverno quando vengono quelle piove grandi che cagionano quell' inondationi d'acque insolite, l'obligo del fattore è di salire a cavallo con buoni stivali, brandemburgo e capello, il tutto comprato di propria borsa, et andare a veder le possessioni et in particolar quelle che più temono l'acqua, osservando benissimo dove quella si ferma e l'esito più facile per divertirla poiché non in altro tempo si può vedere et meglio considerar questo notabil danno, né meno penetrar il suo rimedio.

                Deve parimente il fattore che si ritrova haver possessioni vicini a fiumi che sono soliti dannificar li luochi con le loro crescense, invigilare quanto humanamente sia possibile che quelli non sormontino le rive de' arzeri, né in questi faccino qualche subita appertura, per le quali tal volta restano inondati li paesi intieri, non che le possessioni vicine, con notabil danno de ' patroni, esterminio de' lavoratori e poca reputatione del fattore, che per avventura non si fosse curato d'antiveder il male che poteva succeder avanti succedesse con spronar et inanimire li lavoradori et altri che in tali casi sono soggetti alla gastaldia, overo consorti nel male, quali, non stimando li pericoli,  dormono volentieri nella loro solita inertia.

                Così anco quando d'inverno vengono quegli venti, giacci, nevi e che non si può fare operatione niuna nei campi, è obligo tuo fattore, saltar a cavallo e andare a visitar li lavoradori più tristi, miseri e fintizzi, mostrando di arrivar ivi a caso, ponendoti con il cavallo a coperto, nel qual mentre li contadini ti faranno cerchio attorno credendo discorrere di qualche loro bisogno e tu allora vedi di prevenirli cominciando a fargli una buona predica in forma di correttione, riprendendoli del tempo che perdono tra l'anno mentre potrebbono lavorare, soggiongendoli: Ecco che adesso volendovi castigar, Iddio vi manda di questi cattivi tempi per le feste che non osservate e per li giorni di lavoro che miseramente perdete !  Che restano attoniti, ne sanno che rispondere. Et così impiegar anco il cattivo tempo nel far qualche buon frutto, che anco quel giorno, o buon Fattor, haverai guadagnato la giornata.

 

Riccordo XCVI

Quanto convenghi fuggir le novitadi introdotte da contadini

                Ti raccordo Fattor, a fuggir le novitadi e riccordi de' contadini, poiché giamai quelle promovono se prima non hanno fatto il conto con i di loro interessi.

                Ma perché anche potria essere che fosse qualche cosa di giovevole ad ambe le parti, non però si deve restar di farvi sopra quelle considerationi che comporta l'importanza della cosa introdotta: ma voglio inferire che mai si presti il fiato se l'utile proposto non è palpabile, poiché costoro non pensano mai che di trovar panni a' loro dorso, giaché chiamano sempre mai il loro punto . Così anco mai si entri in nuove spese quando non vi sia l'utile evidente, perché molte volte si butta la scardola per pigliar il luzzo che non si ritrova in quel fiume.

 

 

FINE

 

 

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