LA INFUOCATA DEVOZIONE A SAN GIUSEPPE

(breve descrizione  dei fuochi in onore del santo Giuseppe -19 marzo- , sposo di Maria , tradizione realmente

esistita anche nel passato recente, e oggi scomparsa )

24-2-06

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Finestra sul popolo aretino, toscano, italiano(a1. Racconti rusticali).

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                Pur essendo quasi sera, un gruppo d’agricoltori in veste da potini, conversa allegramente  sui bei olivi allevati ad albero,  dando tuttavia forza e vigore alle forbici, e di tanto in tanto alla sega a mano.

                Ferve ancora il ritmo del lavoro, ma ormai sotto l’ombrello beneaugurate del tramonto e il cinguettio degli uccelli serotini , si percepisce la pace che segue alla cessazione delle onestissime attività dei campi; pace che celebrata e raccolta alla sera nell’intimità delle famiglie, s’annida contagiosa nei cuori, e fiorisce in particolare nella letizia sincera e giocosa dei fanciulli, che specialmente nelle campagne, sono come l’avanguardia della migliore e più sicura bontà umana nel mondo, bontà forse, che è pure sorriso profetico di quella celeste e senza fine.

                Tuttavia stasera c’è nel villaggio , qualcosa di allegro e festevole , che assieme alla via ordinaria del tramonto e del riposo, sembra essere enfatizzato specialmente dalla brezza capricciosa e repentina del marzo.

                Di che si tratta?

                Ce lo dice Gabriele, il più ilare e amichevole fanciullo del luogo, giunto ora presso il proprio padre Iacopo, ancora sull’olivo da potare, del quale ne taglia l’ultima branca:

                Babbo è già tardi! Alcuni fuochi sono già accesi. L’orizzonte s’illumina. La valle arde, s’infiamma d’omaggio e d’amore per San Giuseppe. Andiamo dunque, anche noi, ad accendere il nostro fuoco.

                Si, ho finito. Andiamo! Andiamo amici e compagni di lavoro e d’avventura. Andiamo, Giovanni, Matteo, Aristide … a far lume a San Giuseppe, cioè a colui che col suo fuoco d’amore, fatto di lavoro e mille premure paterne, contribuì notevolmente a che il mondo fosse purificato ed elevato per sempre, dal sacrificio del Cristo e dal fuoco dello Spirito Santo.

                Giungono dunque tutti quanti in un luogo sul fianco della valle, chiamato Il Prato, dove già altri fanciulli e ragazze, hanno preparato barconi di legna che sempre più innalzano, attendendo soltanto il momento fatidico, quasi magico, del grande incendio.

                Ecco, ora sono tutti in posizione, lavoratori e gioventù, qualche vecchio sui muri e in altre zone sovrastanti, sta comodamente nella pacatezza delle pasture senili, per dare al teatro ultravespertino dei giovani nipoti e figli, la sua pacifica presenza, anzi accorata benedizione ; mentre le donne, cioè quasi tutte le mamme, sono in casa a infervorare i fornelli e i volti, preparando la cena e le immancabili frittelle di San Giuseppe 1) .

                Finalmente Iacopo e i suoi valorosi eroi del lavoro agricolo, ritoccano e ingrossano sapientemente le barche dei falò, quando dopo avere scelto la catasta più grande e alta , sul fondo della quale sono stati sistemati pezzi di gomma, scriccano  un piccolissimo fiammifero, e subito divampa sempre più alta e gigantesca la grande fiamma, tra l’allegro stupore di tutti e l’accensione generale di mille focolai, che contemporaneamente trapuntano la campagna e inneggiano liricamente verso il cielo, con le loro intrepide e avide lingue tanto infuocate quanto intrepide .

                Ecco questa luce di fuoco che si diparte stasera dalla terra dei lavori quotidiani e campagnoli più antichi, attraversi l’universo , e giunga fino al paradiso, al cospetto del santo Giuseppe e del Padre Eterno, con Maria e Gesù, e tutti i santi; vi giunga così bella, forte e pura, onde la benedizione mossa dal santo, discenda su di noi, le nostre famiglie, i nostri animali e le nostre terre .

                Così diceva Iacopo, guardando quello spettacolo infuocato con profonda riflessione e devozione interiore, mentre attorno, finita la sua preghiera, cioè l'orazione del più sapiente e autorevole del villaggio, è ripresa tra gli schiamazzi e gli scherzi, l’attività  per tenere in auge le lingue di fuoco.

                Ma alcuni giovinastri più bulli e forti dell’ordinario, consumano di buon gusto l’ultimo rito di questa speciale sera: lanciano tremendi tizzoni infuocati contro i villani più in basso 2) , anch’essi occupati ad alimentare i falò.

                Partono dunque questi missili sibilanti verso la pianura, con una firma mezza festaiola e mezza canagliesca , entrambe comunque ricambiate con urla d’approvazione, se il lancio era abbastanza lungo, o disapprovazione provocante, se era inetto o abortito.

                Poi, dopo due-tre ore, i lumi diminuiscono, le voci scemano, finché la notte piena, accarezza sotto la luna, le famiglie a tavola , e dopo la preghiera e il rosario della nonna, ci s’inoltra nel profondo riposo della notte.

                L’indomani, sotto la doccia abbondante della luce del sole, al posto delle lingue di fuoco non vi sarebbero stati che cenere e carboni spenti e neri neri; e nessun lume fino al prossimo anno, sarebbe  salito dalla terra di Caprese al cielo di Cristo, in onore di San Giuseppe ; nessun lume, eccetto quelli segreti che accesi discretamente da una festa o da una preghiera , fanno luce negli animi e ardono senza clamore, e quel che più conta, sono i più graditi a Dio.

                Ma quella notte del 19 marzo, sigillava tuttavia gli animi di una allegra e speciale devozione , che certo aveva il primo scalino  nella speranza di chi crede d’avere in cielo un  padre e lavoratore simile a se,  cioè con un completo stato di vita che fu, e l’epilogo della morte , analogamente a tutti gli uomini, nessuno escluso .

 

FINE

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 NOTE

 

1 : Le frittelle sono in Italia, una costante delle feste di San Giuseppe (crf. per es. Il Folklore … a.c. del T .C .I . , Milano, 1967  -« Conosci l’Italia, vol. XI°-, pag 35; oppure: A.A.V.V.  , Vita in Toscana, …, Bergamo, Walk over editrice, 1981, pag. 106).

 2 : L’uso di far fuochi  in onore di San Giuseppe (e di lanciare i tizzoni durante i fuochi) nel giorno della sua festa, il 19 marzo , è tipico anche d'altri luoghi di Campagna , in Italia  . Ma anche in Caprese , far fuochi non era attività solo in occasione di San Giuseppe : crf. :   I Capresani : si fan fuochi , e probabilmente si lanciano pure tizzoni , anche nell' ultima sera di carnevale, prima dell' inizio della  quaresima , tempo di penitenza e digiuno (siamo nell'anno 1904)  .

 

 

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