IL CROCIFISSO NON E' UN PERICOLO, MA UNA GARANZIA PER LE ALTRE CULTURE

Da : Vitaliano Mattioli, Crocifisso da abolirsi, culturacattolica.it ,  il 30-10-2003

 

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                Non è la prima volta che la presenza del Crocifisso nelle Scuole pubbliche viene presa di mira all'insegna di un rispetto per l'altro e di una falsa concezione del 'laicismo' dello Stato. Ultimo è l'intervento del Tribunale dell'Aquila che, accogliendo il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell'Unione Musulmani in Italia, ha ordinato la rimozione del Crocifisso esposto nelle aule della Scuola materna ed elementare 'Antonio Silveri di Ofena', frequentata dai figli dello stesso Smith.
                Nella sentenza emessa dal giudice Mario Montanaro si legge tra l'altro: "Nell'ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede… La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini".
Si tratta di un ultimo esempio che indica fin dove può giungere una ignoranza e miopia religiosa, dove può approdare il condizionamento da pregiudizi o visioni molto ristrette della realtà.
                Alcune persone sono prigioniere di una ideologia che ha fallito. Tuttavia continuano ancora a sostenerla con più determinazione ed esaltazione mistica. Questo genere di cecità è davvero sconcertante.
Il Crocifisso, simbolo della fede cristiana da duemila anni, oggi si vuol rimuovere dalle aule scolastiche, dagli ospedali, dagli uffici pubblici in nome del pluralismo religioso ed all'insegna del rispetto per l'altro, della tolleranza, del dialogo religioso.
                Oltre a questo si sta infiltrando l'uso di non celebrare più il Natale nelle scuole, non fare il presepio, evitare di far cantare inni natalizi. Il dibattito sulla presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici evidenzia un problema più profondo, cioè il rapporto tra coscienza religiosa e coscienza civile all'interno della nostra società pluralistica e secolarizzata.
                Per comprendere questo si deve tener conto che oggi la cultura laica ha assimilato nel suo seno alcuni elementi di natura religiosa. Infatti oggi molti valori originati da una cultura e sensibilità religiosa sono comunemente ritenuti 'valori laici' (1) come: primato della persona umana, valore della solidarietà, principio di sussidiarietà, da cui scaturiscono i vari movimenti di volontariato. Tutti di antica origine cristiana che ormai fanno parte anche della cultura civile.
                La distinzione tra l'ambito laico dello Stato e quello religioso della Chiesa, che tuttavia non esclude una collaborazione, implica anche alcune conseguenze.
Da parte della chiesa: c'è la consapevolezza che la fede religiosa non può essere imposta a nessuno.
Da parte dello Stato: la sua laicità esclude ogni ingerenza in campo religioso; non può perciò né imporre, né proibire gli atti religiosi e l'ostensione dei simboli religiosi. "Nell'ambito del bene comune (nel rispetto sempre dell'ordine pubblico, della legalità e della pubblica moralità), lo Stato 'laico' riconosce la rilevanza sociale del fatto religioso, tutela la libertà religiosa e ne garantisce l'esercizio" (2).
                Le soluzioni vanno cercate in un clima di mutua collaborazione. Certamente si dovrà evitare qualunque tentativo di strumentalizzazione della religione e dei suoi simboli per scopi politici.
Coloro che desiderano esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici non devono farlo né per opportunismo, né per ipocrisia. Ma come segno del dolore di ogni uomo. In un mondo in cui i segni sono tanti, il segno della croce obbliga ad alzare lo sguardo, a riconoscere l'appartenenza ad una civiltà nata dal cristianesimo.
Anche coloro che non sono disposti ad accettare il Crocifisso per motivi religiosi, dovrebbero ugualmente condividerne l'ostensione almeno per evidenziare i contenuti umanitari che quella realtà esprime.
Ma: come può atteggiarsi a paladino del Crocifisso colui che non s'impegna a vivere almeno 'laicamente' questi valori, con i quali invece Colui che si è fatto crocifiggere ha voluto identificarsi? "La croce è per eccellenza il simbolo della universalità dell'amore di Dio e dell'accoglienza aperta a tutti i popoli e a tutte le razze, specialmente ai più diseredati. Non può divenire il simbolo di una sola cultura o di una specifica identità… Pertanto fare del Crocifisso il simbolo esclusivo della civiltà occidentale, e - peggio ancora - usarlo a fini di discriminazione culturale, etnica e razziale, equivale a distruggere il significato stesso della croce e a rinnegare l'universalità del messaggio cristiano" (3).
              Quando alla croce non si riconoscono più tali caratteristiche, si tende ad eliminarla ma nel contempo viene sostituita con altri simboli (di tremenda memoria la 'croce uncinata') che non esprimono questi valori ma esattamente l'opposto. L'essere umano ha bisogno di simboli ai quali appellarsi. Se viene privato di quelli veramente religiosi, viene inevitabilmente obbligato a credere in altri non forieri di vita ma di morte.
Per fermarsi alla scuola: da giustamente 'laica' sta orientandosi verso un cammino di laicizzazione. Da 'laica' la si vuol trasformare in 'laicista'.
              In questa prospettiva è molto difficile riconosce quei valori umani dei quali il Crocifisso è l'emblema ed il portavoce. Il Crocifisso, anche da un punto di vista semplicemente umano, è un simbolo altamente educativo. Non è forse il Crocifisso che, in vita, ha insegnato ad amare il prossimo come noi stessi? Non è questa una lezione di umanità universale? Non ha detto di amare anche i propri nemici, al contrario di altre religioni che invece insegnano l'odio? La croce era il supplizio riservato agli schiavi, alle persone più abbiette, a coloro che erano considerate 'res', 'cose', non persone, non degno di un cittadino romano. Colui che è morto in croce, ha voluto riscattare il dolore umano, ridare personalità a coloro che il diritto romano privava di dignità umana; ha riabilitato i deboli, i poveri, il rifiuto della società.
                Il Crocifisso è il simbolo di tutti coloro che nel mondo soffrono e muoiono per l'egoismo e la cattiveria di quelli che li schiacciano con la violenza delle armi e con la sopraffazione del loro potere economico e politico. La croce è il supremo simbolo dell'amore. Non sono forse questi aspetti condivisi anche dai laici? "Togliere da un'aula scolastica il Crocifisso significa, in fondo, privare gli studenti di un segno che potrebbe aiutarli a riflettere sulle cause profonde del peso immane e crudele di sofferenza e di morte che grava sui poveri, in particolare sui bambini, in tante parti del mondo; cause che sono l'egoismo e l'avidità del denaro e del potere" (4).
                Questi sono i motivi che hanno convinto il legislatore a mantenere il Crocifisso.
"La Croce, a parte il significato per i credenti rappresenta un simbolo della civiltà e della cultura cristiana, della sua radice storica come valore universale, indipendente da una specifica confessione religiosa" (5).
La Corte di Cassazione (13 ottobre 1998) ha affermato che la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche non contrasta con la libertà religiosa sancita dalla Costituzione. Ha inoltre rilevato che la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da specifica confessione religiosa. Ha concluso osservando che la presenza dell'immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche non può costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa (6).
                  L'Avvocatura di Stato di Bologna (16 luglio 2002) ha sostenuto che "le disposizioni che prevedono l'affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche vanno ritenute ancora in vigore… L'affissione del Crocifisso va ritenuta non lesiva del principio della libertà religiosa". Nessuno che abbia un minimo di apertura culturale, può negare queste conclusioni. Questo approccio non può essere frainteso con il proselitismo. Quante volte si elogiano Martin Luther King, Gandhi per i valori universali che hanno espresso, Budda per alcuni principi sulla mortificazione ed il superamento delle passioni! Eppure nessuno si permette di dire che si fa propaganda per l'Induismo o per il Buddismo! Perché l'unica eccezione dovrebbe farsi per gl'insegnamenti universali espressi dal Crocifisso? Non si tratta di una estrema miopia intellettuale?
                 Non manifesta questo quanto siano ancora radicati certi pregiudizi storici e quanto sia difficile liberarsene
? A meno che uno desideri eliminare anche il riferimento a questi valori che stanno invece a fondamento di una società laica. Perché allora il Crocifisso come emblema umano, simbolo di una umanità sofferente, tradita e sfruttata, non dovrebbe essere accettato universalmente? Se non si vogliano accettare i contenuti religiosi che illuminano l'umana esistenza e danno un significato a tutto, si possono sempre condividere i contenuti umani, laici. O forse c'è tanta cecità ed ostinazione da essere disposti a rifiutare anche i contenuti umani pur di non accettare quelli religiosi? Non è forse segno di limitatezza e di poca duttilità mentale il non essere capaci di distinguere i due ambiti?
              Compassione sarà il lievito dei secoli bui, la fratellanza degli oppressi, l'eguaglianza nel dolore, la libertà di chi non ha più nulla da perdere. Non c'è progresso senza compassione. E' per questo che il Crocifisso non appartiene solo ai cristiani, non è loro monopolio

              Si deve ancora chiarire la natura della laicità. La Chiesa non ha paura della laicità. Già Pio XII sosteneva che "la legittima sana laicità dello Stato è uno dei principi della dottrina cattolica" (7).
Da un certo punto di vista significa distinzione tra poteri civili e religiosi, autonomia dello Stato e rispetto per la Chiesa. Ma questo non significa marginalizzazione e relativizzazione delle fedi religiose. Non si può ridurre la fede a qualcosa semplicemente di intimo, privato e pubblicamente irrilevante. In conseguenza del rispetto che si deve portare per le varie fedi e culture, si dovrebbe rispettare anche il Crocifisso con i suoi significati. Il rispettare infatti le fedi altrui, non implica compromettere la propria. L'accettazione dell'altro non dovrebbe concludere con il venir meno alle proprie convinzioni offuscando i contenuti della religione di appartenenza.
La condivisione delle altrui culture non deve portare ad alterare e svuotare la propria dei suoi genuini contenuti. Il rispetto per le altre religioni non può portare a denigrare la propria. L'accoglienza di credenti di altre religioni che hanno chiesto ospitalità nel suolo italiano, non può concludersi con la mancanza di rispetto verso coloro che condividono la religione cristiana.
                Non è giusto sottovalutare e tanto meno dimenticare una constatazione storica: che cioè l'Italia affonda le sue radici nel cristianesimo che ne ha ispirato i codici morali di base; che la cultura italiana è stata plasmata dal cristianesimo; che le espressioni letterarie ed artistiche non possono essere comprese prescindendo dai contenuti cristiani. Questa è storia e 'contra factum non valet argumentum'. Il dialogo consiste nell'incontro di due entità, capaci di arricchirsi reciprocamente. "Se non diamo al Crocifisso significati arroganti e strumentali che non ha, allora conserva quello che è, l'immagine di un Innocente sacrificato dal potere, la fonte, la causa ed il simbolo della nostra compassione, antica, contemporanea e futura. Guardare poi al Crocifisso non sarà - non potrà mai essere - un atto ideologico, soggetto a interpretazioni o strattoni di parte. Non ha senso appellarsi al Crocifisso e ignorare o disprezzare le persone crocifisse nella storia di ieri e di oggi, dimenticare le vittime dei campi di sterminio come dei gulag siberiani, scalciare sui disperati che arrivano sui nostri lidi. Così induce a sospetto dichiararsi con gli ultimi e nel contempo rimuovere l'Ultimo" (8).
                "Soltanto questo ricordo inattuale di lui libera gli uomini dal potere esercitato da fatti e leggi del nostro tempo, dalle coercizioni della storia, e li apre ad un futuro che non ripiomba nell'oscurità. Ciò che oggi importa è che la chiesa e la teologia riflettano sul Cristo crocifisso per mostrare al mondo la sua libertà" (9).
Natalia Ginzburg (1916-1991) il 25 marzo 1988 ha scritto sul quotidiano L'Unità, un articolo dal titolo "Non togliete quel Crocifisso". E' interessante che un giornale non religioso come L'Unità abbia pubblicato un articolo i cui contenuti tanti cristiani invece non sono capaci di cogliere (10).Lei laica ma intelligente ed intellettuale, aveva nella sua onestà compreso i valori universali di quel simbolo. Ed obiettava contro coloro che, pur cattolici, avevano la vista così corta da non essere capaci di cogliere nel Crocifisso il suo messaggio universale, di non vedere il Lui l'archetipo di ogni persona che soffre. Riporto alcuni brani:

               "A me dispiace che il Crocifisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. A me dispiace che il Crocifisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato… Il Crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E' l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente… Il Crocifisso è segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze… Fa parte della storia del mondo… Prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini… A me sembra bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso d'una sventura, versando sangue e lacrime cercando di non crollare. Questo dice il Crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici".
                L'esposizione della croce o la riproposizione di eventi fondanti la religione cattolica non devono essere intese come mancanza di rispetto verso altre religioni o cittadini italiani non credenti, ma come percorso culturale fondamentale per comprendere le radici della nostra identità storica e culturale. Per cui non dovrebbe apparire scandaloso che una scuola laica riproponga simboli, valori ed eventi di natura religiosa sui quali si è costruita la nostra cultura e si è definita la nostra identità storica. Questo non va confuso con un altro atteggiamento già molto nocivo nel passato: il Crocifisso non deve essere considerato come simbolo della identità occidentale contro il fondamentalismo islamico. Ciò potrebbe far credere agli immigrati musulmani una identificazione del cristianesimo con l'occidente promovendo la 'occidentalizzazione' del cristianesimo, cosa quanto mai funesta, che porterebbe ancora di più ad odiare il cristianesimo pensato ormai come 'emanazione' dell'occidente (11).
              Il Crocifisso diventerebbe ancora segno di contrapposizione e non di unione, elemento di divisione e non di armonia. L'equivoco nasce dal c.d. multiculturalismo, che è cosa ben diversa dalla società multietnica. E' importante che le varie culture, nel confrontarsi, non perdano la propria individualità. Quella occidentale è simboleggiata proprio dal Crocifisso ma non si identifica con esso proprio perché alcuni valori espressi dal Crocifisso, tolleranza e rispetto del diverso, non sono valori 'occidentali' ma universali. E' per questo che il Crocifisso, proprio perché è portatore di questo universalismo, non deve mai diventare segno di contrapposizione e causa di divisione ma deve essere condiviso in quanto elemento di unione e di armonia anche tra i popoli.

              Passiamo ad una obiezione frequente: la presenza del Crocifisso urterebbe la sensibilità dei musulmani e potrebbe turbare il loro sentimento religioso. Si tratta di una questione di contenuto teologico. Prima di rispondere analizziamo alcuni aspetti.Se un musulmano ha diritto al rispetto delle proprie convinzioni religiose, uguale diritto ha il cristiano al rispetto della propria fede e dei simboli nella quale la esprime. Se quindi il togliere il Crocifisso da un'aula scolastica può apparire rispettoso verso il sentimento di un musulmano credente, nello stesso tempo però non è rispettoso verso i sentimenti di un cristiano, che si sente gravemente offeso nella propria fede. Ma forse dietro tutto questo non si nasconde una forte presenza laicista nella cultura e nell'insegnamento, un tentativo tout court di abolire tutto ciò che c'è di religioso nelle espressioni del popolo italiano? 

                Il Crocifisso non può essere ridotto ad una dimensione sociologica. E' pregno di contenuti teologici, che qui non posso affrontare per esteso. Solo due chiarificazioni.
                1) Dietro questo 'zelo' ed apparente rispetto mi sembra nascondersi una buona dose di ignoranza verso la religione musulmana. Si sono voluti togliere anche il presepio ed i canti natalizi. Ma: i cristiani che hanno fatto infelicemente questa scelta non sanno che anche i musulmani venerano Gesù, seppur solo come un grande profeta, ne festeggiano il natale e lo tengono in alta considerazione? L'abrogare queste manifestazioni ed il significato dei simboli non potrebbe essere una mancanza di rispetto verso la loro sensibilità religiosa? Il celebrare il natale non sarebbe una buona occasione di far meglio conoscere il contenuti della fede musulmana e cristiana e far capire che nelle differenze ci sono anche punti in comune?
                  2) Per la religione musulmana è impossibile che un Dio si sia fatto crocifiggere; questa possibilità è considerata altamente offensiva. Si tratterebbe di una sconfitta e del trionfo dei suoi carnefici. Il Corano nega la crocifissione di Cristo come conseguenza della grande stima che ha del Profeta. Il Profeta deve essere sempre vincitore. Dio invia il suo messaggero che deve essere sempre vittorioso. Questa è la visione teologica coranica. Non potendo negare il fatto della crocifissione, il Corano è ricorso alla escamotage della 'sostituzione vicaria': al momento di venire messo in croce, Cristo sarebbe stato misteriosamente 'sostituito' da un altro essere umano. Per cui non sarebbe stato Cristo a morire in croce come un malfattore, ma solo un suo 'sostituto'. In tal modo però, secondo questa concezione, non c'è più salvezza, crolla tutto il progetto redentivo del Padre…
                 Per cui anche per i musulmani Gesù Cristo è vivo, seppur con modalità diverse dalla concezione cristiana (12). E' proprio evidenziando questo aspetto che si potrà meglio mettere a fuoco il valore del Crocifisso, che non rappresenta soltanto Cristo apparentemente sconfitto ma che rinvia a tre giorni dopo, alla sua gloriosa risurrezione, preludio della vittoria finale. Su questo punto il Bormans così si esprime: "La pietà occidentale si è compiaciuta, soprattutto a partire dal Medioevo, a rappresentarlo al massimo della sua sofferenza, come il 'servo sofferente' cantato da Isaia ('un verme non un uomo') mentre la pietà orientale ha rappresentato generalmente nei suoi crocifissi bizantini, un Cristo già glorioso, dotato di attributi reali ed effettivamente 'pantocrator', perché vincitore del peccato e della morte proprio nel momento in cui questi pensavano di averlo vinto. In questa seconda prospettiva non si potrebbe forse sviluppare un discorso comune sulla 'potenza di Dio', per potervi meglio includere in seguito una valorizzazione della sofferenza, dell'agonia, e della morte nei confronti delle quali l'Islam ci propone soltanto una 'bella rassegnazione'?" (13).
Una riflessione linguistica sarà molto utile. Cristo è considerato il vero musulmano ante litteram e preso come modello dagli stessi musulmani. Perché? Perché Cristo è colui che si è abbandonato completamente alla volontà di Dio.
                Infatti: il vocabolo Islam significa 'sottomissione a Dio', 'abbandono di sé a Dio'. Il vero sentimento religioso è quello di abbandonarsi a Dio. Muslim (musulmano) è colui che pratica l'Islam, cioè colui che si abbandona totalmente a Dio. In questo contesto anche Adamo, Abramo sono stati musulmani perché si sono messi completamene nelle mani di Dio, si sono affidati del tutto a Lui. Di riflesso l'essere umano in quanto tale è 'musulmano' e l'Islam si pone come religione naturale dell'umanità (14).

                Il Prof. Samir in una conferenza a Palermo l'11 novembre 1989, si è espresso in questa maniera: "Il vero Muslim, ossia l'unico vero musulmano è Cristo. Lo è stato proponendo al mondo un insegnamento che rovescia i valori del mondo, mettendo la non violenza al posto della violenza, l'amore al posto della 'giusta vendetta'. Lo è stato rivelando al mondo un Dio che è anzitutto Padre, che si manifesta nell'amore più che nella potenza, che è sì l'Onnipotente, ma l'Onnipotente nell'amore. Lo è stato vivendo perfettamente quest'insegnamento insolito, preferendo l'umiliazione alla gloria, la povertà alla ricchezza 'per arricchirci della sua povertà'. Sì, il Muslim per eccellenza è Cristo, quello che sulla croce si abbandona per amore all'amore di Dio Padre, per amore dell'umanità" (15).

                Dietro l'alibi del rispetto per l'altro, in alcuni cattolici non si nasconde forse una certa… allergia nei riguardi del Crocifisso? La motivazione di andare verso gli altri non potrebbe indicare una mancanza di interesse per i contenuti e simboli della propria religione? Alle spalle di tutto non ci potrebbe stare una limitata e frazionata conoscenza del cristianesimo, per cui, non conoscendo, non si può neanche comprendere ed apprezzare? Schiavitù dell'ignoranza, della indifferenza, del fastidio. Schiavitù di un falso perbenismo: si vogliono coprire con il rispetto nei riguardi verso l'altro le proprie mancanze e deficienze. Schiavitù dell'orgoglio intellettuale. Si ha appena una patina di religiosità, sia teorica che pratica, e nello stesso tempo uno si ritiene preparato a fare scelte ed a prendere decisioni estremamente importanti e di grande rilevanza come se ne avesse la preparazione e capacità.

 

NOTE

 

(1) Cfr. Bartolomeo Sorge, "Votare per il Crocifisso?", in Aggiornamenti Sociali, dicembre 2002, p. 805 - 810
(2) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 806.
(3) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 809.
(4) "Via il Crocifisso dalle Scuole italiane?", in La Civiltà Cattolica, Editoriale, 5 gennaio 2002, n. 3637, p. 5.
(5) Consiglio di Stato, 27 aprile 1988. La prima codificazione risale all'articolo 140 del regio decreto 15 settembre 1860, n. 4336, riguardante il regolamento per l'istruzione elementare e attuativo della legge 13 novembre 1859, n. 3725, la c.d. legge Casati che prescriveva l'esposizione del Crocifisso in tutte le aule scolastiche. L'ultima codificazione in ordine di tempo risale al 19 ottobre 1967, quando il Ministro della Pubblica Istruzione emanò la circolare n. 367 circa l'ediliza e l'arredamento delle scuole dell'obbligo.
(6) Cfr. Paolo Armaroli, "Il Crocifisso a scuola è ammesso dalla Costituzione", in Il Giornale, 8 ottobre 1999, p. 10.
(7) Discorso del 23 marzo 1958.
(8) Bartolo Ciccardini, Il crocifisso e i crocifissi nella storia, in Avvenire, 22 settembre 2002, p. 2.
(9) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973, p. 7; da notare che l'Autore nello scrivere quest'opera pensava ancora alla tragedia del nazionalsocialismo conseguenza della pretesa di poter costruire una società senza Dio e senza cristianesimo; cfr. anche: "La croce di Cristo speranza del cristiano", in La Civiltà Cattolica, marzo 2001, n. 3618, Editoriale, p. 547 - 559.
(10) Questo articolo è stato ripubblicato sul numero 14 di Liberal, novembre 2002.
(11) Per tutto questo: cfr. L'Enciclica di Benedetto XV, Maximum Illud, in AA. VV. Roma e Pechino, a c. di Agostino Giovagnoli, Studium, Roma 1999, specialmente p. 69 - 90.
(12) Cfr. Maurice Bormans, I musulmani di fronte al mistero della croce: rifiuto o incomprensione?, in AA.VV., La sapienza della croce oggi, Atti Convegno internazionale, Roma 13-18 ottobre 1975, LDC, Torino 1976, vol. I, p. 615 - 628.
(13) Maurice Bormans, o.c. 628.
(14) Per tutto questo, cfr. lo studio di Samir Khalil Samir, La crocifissione di Cristo nel Corano, in Piero Coda - Mariano Crociata, Il Crocifisso e le religioni, Città Nuova, Roma 2002, p. 49 - 82; questo studio è molto importante perché riporta e spiega i testi del Corano riguardanti Cristo; nella stessa opera di Coda - Crociata cfr: Marcello Di Tora, Musulmani e cristiani di fronte al Crocifisso: tra scandalo e adesione di fede, p. 281 - 298.
(15) Samir Khalil Samir, o.c., p. 82).

 

 

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